Eccoli. Uno dopo l’altro, finalmente sono allineati tutti e cinque sotto le volte di San Domenico – una chiesa medievale sconsacrata che allude a fedi lontane – eccoli pronti per farsi riprendere nella foto che, una volta scattata, diventerà virale: da destra verso sinistra il presidente del Consiglio Giuseppe Conte (sorride ma non troppo); il capo dei Cinque stelle Luigi Di Maio (sorride pure lui ma ancor più timidamente); il candidato-governatore Pd-M5S alla Regione Umbria Vincenzo Bianconi (lui ride soddisfatto), il segretario del Pd Nicola Zingaretti (risata piena) e infine il capofila di Leu e ministro della Salute Roberto Speranza, che lascia trasparire un’espressione soddisfatta. La foto e le immagini irradiate dalle tv e dai video nei siti rilanciano un messaggio chiaro: siamo tutti qui, convinti nel sostenere il candidato di tutta la coalizione governativa.
Ma foto e sequenze video non esauriscono il senso e le sensazioni di una mattinata che potrebbe essere ricordata a lungo. Anzitutto per quella foto che allude ad un’alleanza che si immagina e si spera duratura. Ma che per qualche verso rimanda alla famosa foto di Vasto del 2011: Bersani, Vendola e Di Pietro sorridenti e festanti. Allora non andò benissimo.
E invece benissimo è andata a Giuseppe Conte. Di Maio, Zingaretti e Speranza erano arrivati nel centro di Narni prima del presidente del Consiglio. Uno alla volta e a distanza di qualche minuto tra loro, hanno attraversato il Corso, una sorta di passerella tra due ali di folla. Per Di Maio e Zingaretti simpatia, qualche timido applauso. Ma quando è arrivato Conte ed è sceso dall’auto blu, si è alzato un battimani spontaneo e collettivo. E lui – col più scuro dei suoi abiti sartoriali – si è letteralmente lanciato verso la folla dietro le transenne. E ha dispensato battute da “piacione”. Ad un signore che stava addentando un panino, ha detto: «Accidenti che sfilatino! Quasi quasi…». Quasi quasi se lo mangia? Difficile crederlo. Ad un certo punto dietro una grata Conte sbircia una decina di studentesse del liceo che fanno “ciao ciao” con la mano e lui, quasi seminando la scorta, fa uno scatto, va sotto la finestra e «mi raccomando studiate, che magari diventate presidente del Consiglio…».
Ma non c’è solo Conte. Da Roma sono arrivati tutti per aiutare il candidato-Governatore. Ma per capire il senso della giornata, occorre fare un passo indietro: prima di decidersi a mettersi in posa in chiesa, i quattro azionisti della maggioranza per diversi giorni avevano tergiversato, avevano pesato pro e contro, incerti se associare o no la propria immagine ad una possibile sconfitta domenica sera. Ma alla fine si erano decisi a metterci la faccia, sia pure con una trattativa estenuata, tra chi (Conte) avrebbe preferito parlare di Finanziaria e chi fare una conferenza stampa.
Ma resta la domanda: sono arrivati a Narni perché davvero credono ancora di farcela, tenendo la Regione, “rossa” da 49 anni, ma predestinata a diventare di centrodestra? La risposta è venuta dal tono soft e minimalista dei quattro comizi. Nessuno si è sbilanciato. Per Zingaretti «è impensabile non essere uniti». Di Maio ha evocato una soluzione enigmatica: «Non è semplicemente un’alternativa, è una terza via». Conte: «C’è in atto un esperimento interessante. È una sfida che richiede tempo».
E così il tono soft dei comizi di tutti e quattro alla fine suggerisce la risposta sul perché i quattro azionisti del governo si siano spinti sin qui: provare a “ridurre il danno”». Perdere in Umbria con 10-15 punti di distacco significherebbe compromettere la prospettiva di un’alleanza politica strategica ma se lo spread fosse di 4-5 punti, nulla sarebbe pregiudicato. In Umbria, dopo lo scandalo che ha portato alla luce l’estesa natura clientelare del Pd locale, da tempo il centrodestra governa nelle città più grandi: Perugia, Terni e Foligno. Ma anche a Spoleto, Orvieto e Todi. L’imprenditore di Norcia Vincenzo Bianconi risulta comunicativo, dotato di una parlantina che gli ha consentito di prevalere nei faccia a faccia con la sfidante di centrodestra ma i sondaggi pubblicabili, non davano speranze all’alleanza elettorale tra quello che in Umbria ormai è etichettato come il partito delle clientele e quello dell’anticasta.