Potrebbe essere nei bilanci delle banche il tesoretto che il governo cerca per fare quadrare i conti della manovra. Colpendo quelli che il leader Cinquestelle, Luigi Di Maio, ha chiamato «privilegi» degli istituti «con tutti i regali miliardari che gli hanno fatto i governi di prima», senza i quali l’Italia «sarebbe il Paese del Bengodi. Invece non è così. E quindi si cambia».
Da questi tagli «sacrosanti», come li ha chiamati il vicepremier, il governo potrebbe ottenere cifre enormi: secondo gli analisti di Equita il governo beneficerebbe di un maggior gettito di 2 miliardi nel 2018 e di ben 5 miliardi nel triennio 2019-2021. Come? Intervenendo su alcuni regimi fiscali di detrazioni e deducibilità concessi alle banche. Da questi capitali il governo vuole attingere per risarcire i «risparmiatori truffati» nei fallimenti bancari, come ha detto il premier, Giuseppe Conte.
Il presidente dell’Abi, Antonio Patuelli, ha reagito duramente: «Aumentare la pressione fiscale sulle banche» non peserebbe solo sul settore «ma indebolirebbe o rallenterebbe la ripresa e inciderebbe «su tutta la catena produttiva, il risparmio e il modello di business» delle banche impegnate nel sostegno alle piccole e medie imprese. Imprese che «vanno aiutate a crescere», ha aggiunto il presidente di Banca Imi, Gaetano Micciché, ieri alla Giornata del credito dell’Abi. Per il dg dell’associazione delle banche, Giovanni Sabatini, ci sarebbero anche problemi di costituzionalità. «Io non credo», è stata la replica di Di Maio. «Non c’è volontà di creare misure punitive. Semplicemente ridiamo ai cittadini un po’ del maltolto».
Preoccupati invece i sindacati: in una nota congiunta Fabi, First Cisl, Fisac Cgil, Uilca e Unisin hanno espresso timori per le ricadute sul contratto. «Premesso che fra i 340mila bancari ci sono elettori di Lega e M5S, non capisco questa continua caccia alle streghe rispetto alle banche», dice Lando Sileoni, leader Fabi. «Un’altra tassa mascherata ricade su imprese e famiglie e mette a rischio il rinnovo del nostro contratto nazionale».
Ieri in Borsa i titoli bancari ne non hanno sostanzialmente risentito dei rumors perché le valutazioni già sconterebbero, secondo Equita, l’impatto sugli utili, che dovrebbe essere di -4%, e sul capitale, stimato in 6 punti base in meno. Sul tavolo, dal punto di vista tecnico, ci sarebbe la riduzione della deducibilità degli interessi passivi dal 100% all’86%, lo slittamento su più anni della deducibilità delle maggiori svalutazioni sui crediti deteriorati, che creano le Dta, le «imposte differite» dalle quali si dovrebbe ricavare gran parte del tesoretto, e l’abrogazione dell’Aiuto alla crescita economica (Ace). Nel frattempo la Bce, ha spiegato il capo della Vigilanza, Danièle Nouy, si prepara agli stress test sulla liquidità nel 2019.