Voleva difendere Confindustria dagli attacchi di chi, nel governo, vorrebbe impedire alle aziende di stato di farne parte. Ma anche lanciare messaggi perché in sede di stesura la Lega tenga testa a Cinquestelle per modificare quelle parti della manovra economica che stanno allarmando i mercati internazionali. Invece, Vincenzo Boccia è riuscito a scontentare tutti: perché non si era mai visto un presidente di Confindustria prendere posizione così apertamente per una forza politica.
L’associazione degli imprenditori per sua natura è filogovernativa: è l’assioma coniato a suo tempo da Gianni Agnelli, da allora rimasto il faro-guida per i rapporti con Palazzo Chigi. Ma Boccia, da due anni presidente di Confindustria, l’altro giorno a Vicenza, davanti a una platea di imprenditori veneti, è andato ben oltre: «In questo governo crediamo fortemente nella Lega, per la quale abbiamo grandi aspettative».
Una dichiarazione di affinità elettive che ha imbarazzato per primi gli stessi industriali riuniti a Breganze, nel cuore di una delle provincie più votate all’export di tutta Italia. Se voleva essere unendorsement nei confronti del governo per sdoganare la manovra, Boccia ha sbagliato approccio. Nessuno lo dice ufficialmente, me nemmeno là dove il leghismo per primo si è imposto a livello locale hanno gradito: «Confindustria non si deve schierare – è stato il parere pressoché unanime della platea soprattutto in una fase così delicata in cui si definirà la manovra economica».
Ma Boccia non ha parlato a caso. Per quanto sia, probabilmente, andato oltre alle sue intenzioni ha usato l’assemblea vicentina per lanciare messaggi. Il primo nel tentativo di salvare la sopravvivenza stessa di Confindustria. Nel giugno scorso, nel pieno delle polemiche sul decreto Dignità, Matteo Salvini aveva minacciato di far approvare un decreto per impedire alle imprese controllate dallo Stato di iscriversi all’associazione: senza i contributi delle varie Eni, Enel, Poste mancherebbe ai bilanci di viale Astronomia un terzo delle entrate e alcuni territoriali come Unindustria Roma potrebbero chiudere. Per quanto Boccia avesse già dichiarato in pubblico che l’episodio legato al decreto Dignità fosse superato, l’altro giorno ha voluto ribadire che la sua è una Confindustria poco di lotta e molto di governo.
Ma nelle parole di Boccia in molti hanno notato un passaggio più squisitamente politico: «C’è un rapporto storico di molti nostri imprenditori con i governatori della Lega in Veneto, in Lombardia e in Friuli. C’è un confronto serrato che abbiamo con la politica locale e che ci aspettiamo anche a livello nazionale». In altre parole: i Cinquestelle si sono presi il palcoscenico vantandosi di aver piegato il ministro Tria a una disavanzo al 2,4% con tutto quello che comporta, ora confidiamo nella Lega perché apporti modifiche di sostanza.
Messaggio recepito non solo in Veneto ma anche a Roma. Ieri è arrivata la replica, per quanto indiretta di Luigi Di Maio: «Alcuni mi hanno attaccato dicendo che sono inesperto: io sicuramente devo imparare ma è bello fare il presidente di Confindustria locale gestendo l’acqua minerale con concessioni irrisorie e a cui metteremo mano con la legge di Bilancio». Il riferimento è a Matteo Zoppas, presidente di Confindustria Veneto che aveva dichiarato di essere pronto a proteste di piazza contro il decreto Dignità e titolare di una società di acque minerali, la San Benedetto. Ma oltre ai Cinquestelle, decisi a recidere il legame con la Lega, Boccia se la dovrà vedere anche con l’opposizione interna: da Ferrara, è arrivato l’appello di Giovanni Monini, titolare di una società di ingegneria nei settori energia e chimica: ha chiesto ad Alberto Vacchi, presidente di Confindustria Emilia e avversario di Boccia alla corsa alla presidenza due anni fa «una immediata censura alle dichiarazioni di Boccia da parte degli organi preposti» in mancanza della quale non ha intenzione di «rinnovare l’iscrizione».