Questa volta l’opposizione arriva da dentro. Il primo atto fortemente politico approvato dal Consiglio dei ministri, ovvero il decreto dignità, sta scontentando gli imprenditori delle regioni del Nord, e in particolare del Veneto, da sempre simpatizzanti del Carroccio di Matteo Salvini.
C’è infatti una fetta di uomini di industria che da ore sta facendo sentire la sua voce fino a via Bellerio. «Tutto questo — sbottano — dagli amici della Lega non ce lo saremmo mai aspettato». Nei passaparola fra gli imprenditori il refrain è sempre lo stesso: «È un pessimo inizio». Matteo Zoppas, presidente di Confindustria Veneto, è stato fin troppo chiaro: «Mentre vuole difendere il lavoro, il decreto indirettamente crea i presupposti che porteranno molte aziende a chiudere».
I limiti stringenti ai contratti a tempo determinato non possono essere digeriti dal tessuto più produttivo del Paese. Lo stesso rumore si manifesta in Lombardia, regione guidata dal leghista Attilio Fontana, dove anche qui gli imprenditori lamentano un approccio sbagliato da parte dell’esecutivo gialloverde. Alvise Biffi, amministratore delegato della Secure Network, azienda con sede a Milano che si occupa di cyber sicurezza, la mette così: «Il mio giudizio è negativo perché rimette incertezza, non vedo insomma alcun vantaggio ad assumere personale». Gli fa eco Giorgio Possio, presidente di Spesso Gaskets, azienda leader del settore automotive: «Già il nome del provvedimento è un controsenso. È difficile assegnare una dignità con un decreto che irrigidisce ancor più il sistema».
E che sia stato forse un passo falso se ne è reso conto anche Matteo Salvini. Martedì, intervenendo a In Onda su La7, il ministro dell’Interno ha provato a spegnere il fuoco amico: «Il provvedimento è un buon inizio, ma il Parlamento lo renderà ancora più efficiente». Come dire, alla Camera e al Senato se ne riparlerà.
Intanto i malumori iniziano a serpeggiare anche all’interno della Lega. Da Montecitorio l’ordine di scuderia è «bocche cucite e avanti». Nei territori, invece, la protesta prende forma. Raccontano che i leghisti del Veneto sono infuriati perché «noi — dicono — non possiamo permetterci di perdere gli imprenditori, gli artigiani, categorie che qui ci hanno votato in blocco». Non a caso Toni Da Re, segretario nazionale della Liga Veneta, svela lo scontento al Corriere Veneto: «Il decreto dignità taglia le gambe alle imprese». Un messaggio forte e chiaro a Salvini. L’imbarazzo è tale che anche Roberto Marcato, assessore regionale alle Attività produttive e leghista di rango, afferma di voler parlare con tutte le categorie del Veneto per realizzare un dossier da portare a Di Maio. «Convocherò gli imprenditori raccogliendo critiche e suggerimenti e porterò al ministro dello Sviluppo economico la sintesi», avverte. Aggiunge caos al caos Massimo Colomban, uomo forte dell’imprenditoria veneta ma soprattutto ex assessore di Virginia Raggi: «Parlo a nome degli imprenditori di Rete sì e dico che tutte le misure che irrigidiscono la flessibilità del lavoro e dell’impresa non sono viste positivamente».