All’escalation nei confronti della Cina, sul fronte commerciale, Donald Trump ieri ha contrapposto due decisioni “distensive” nei confronti di Europa e Giappone, da una parte, e di Canada e Messico dall’altra. Con la firma di un ordine esecutivo, il presidente americano ha rinviato di sei mesi la minaccia di rafforzare i dazi su auto e componenti importate negli Usa da europei e giapponesi, portandoli al 25%. Più tardi, da Washington è arrivata la notizia di un’intesa per rimuovere le tariffe su acciaio e alluminio imposte a Canada e Messico lo scorso anno. Passaggio che potrebbe spianare la strada alla ratifica del “Nafta 2”, l’accordo di libero scambio in Nord America, rinegoziato lo scorso anno. Il Governo canadese, in una nota, ha annunciato che le parti elimineranno i balzelli sulla siderurgia nel giro di due giorni.
Sul fronte dell’auto, il termine per arrivare a una decisione scadeva oggi, sulla base di un rapporto del dipartimento al Commercio che, a giustificazione dei dazi – come nel caso di acciaio e alluminio – adduceva ragioni di difesa della sicurezza nazionale: le importazioni ostacolano gli investimenti Usa in nuove tecnologie.
Nel provvedimento firmato ieri, Trump ha accolto in linea di principio le conclusioni del dipartimento al Commercio; ma già aveva anticipato aperture durante la recente visita alla Casa Bianca del primo ministro giapponese Shinzo Abe. E ora, risponde da Milano Cecilia Malmström, commissaria Ue al Commercio, l’Unione è pronta «a negoziare un accordo commerciale limitato, che includa il settore dell’auto». La decisione della Casa Bianca è stata accolta con sollievo dal comparto auto sui listini europei, con una riduzione delle perdite legate anche alle tensioni tra Stati Uniti e Cina.
Cecilia Malmström ieri è intervenuta al Forum sulla partnership economica Ue-Giappone: dove il sollievo per la decisione di Trump di rinviare l’eventuale introduzione di dazi sull’import di auto ha subito lasciato spazio alla consapevolezza che non si dovrà perdere tempo nell’avviare un negoziato che eviti una prospettiva considerata da molti analisti un potenziale colpo durissimo non solo per le economie europea e giapponese, ma per l’intero sistema del commercio internazionale (anche per via delle inevitabili ritorsioni).
Resta da vedere se l’amministrazione Trump potrà essere soddisfatta da un eventuale accordo di portata inferiore all’ambizioso e abbandonato Ttip (Transatlantic Trade and Investment Partnership), che si era tentato invano di definire tra il 2013 e il 2016. Il punto di partenza sarà l’intesa informale raggiunta l’anno scorso durante il vertice Juncker-Trump: «Le trattative dovranno essere focalizzate sul settore industriale e sugli standard. Dovremo anche cercare di eliminare alcuni ostacoli regolamentari-normativi per l’afflusso in Europa di gas naturale dagli Usa e facilitare maggiori acquisti di soia». Malmström ha comunque affermato che il cuore delle tensioni commerciali internazionali ha come epicentro la Cina: la Ue condivide molte preoccupazioni americane ma preferisce un atteggiamento di “engagement” con Pechino, cui ha strappato impegni durante il vertice bilaterale del mese scorso.
Ad apprezzare la schiarita arrivata dagli Usa, al Forum di Milano, è stato anche il sottosegretario allo Sviluppo economico Michele Geraci, che inoltre appare molto ottimista sul tema dei rapporti Usa-Cina: «Il presidente Trump – ha detto – usa una dura tattica negoziale, ma io credo che finirà per trovare un compromesso con Xi Jinping», che incontrerà il mese prossimo al G20 di Osaka.