L’arte deve essere disturbante? Può andare oltre al richiamo della bellezza? Può essere collegata direttamente alla nostra vita? “Attraversare i muri”, l’autobiografia di Marina Abramović, offre molti spunti di riflessione per tentare di capire cos’è l’arte contemporanea. Spesso, di fronte ad alcuni quadri, sculture o performance, siamo sbigottiti dalla semplicità o stupidità.
Il nostro punto di vista razionale si rifiuta di trovare un senso ad alcune scelte. L’arte, da quando ha abbandonato la via della raffigurazione, non sempre è comprensibile. Forse proprio per questo è ancora più importante. C’è un’arte che rappresenta il passato, c’è un un’arte che cerca di tratteggiare il futuro. Oppure ci offre contezza del caos odierno. Marina Abramović ha vissuto molte vite, tanti amori, infiniti dolori. La sua via all’arte vuole andare oltre le due dimensioni.
È una riflessione prima di tutto su se stessa. Ferirsi, provare fatica fino allo stremo, concentrarsi fino allo spasimo, sono passaggi per dare un volto, un’immagine, a quanto la banalità, la sofferenza, la sporcizia fanno parte della nostra esistenza. Ricerca, forza, energia le chiavi di una donna che attraverso la performance art ci consegna una chiave di lettura – sbieca – del mondo.