Il 14 agosto non dev’essere stato un giorno facile per i manager di Autostrade-Atlantia, anche per la scelta non scontata di accettare l’invito del sindaco Bucci di partecipare alla commemorazione del Polcevera, salvo poi allontanarsi per rispettare la volontà di alcuni parenti delle vittime.Solo un mese fa, il gruppo infrastrutturale controllato da Edizione dei Benetton aveva guadagnato il suo massimo annuo, sfiorando i 25 euro (24,95) per azione. Un livello che non si vedeva dal 13 di agosto del 2018, allora era a 24,88 euro. Un giorno prima della tragedia, che sui terminali di Borsa appare con l’implacabilità del numero. Nel grafico si vede un muro che strapiomba in corrispondenza del disastro di Genova. Una linea dritta che va giù e se ne infischia del dolore. Quel 14 agosto sono finite sotto il crollo del Ponte Morandi 43 vite. Fare i conti con questo – colpe o non colpe – non sarà mai umanamente possibile, ma Atlantia-Autostrade deve trovare un modo invece per fare i conti con il dopo, che ancora c’è.
E ciò dovrebbe avvenire nel silenzio che i mercati impongono, perché se la maggioranza relativa del gruppo sta nelle mani di una dinastia imprenditoriale, è altrettanto vero che Atlantia è, e resta, un’azienda con migliaia di dipendenti, quotata, dove investiti ci sono migliaia di azionisti di minoranza in tutto il mondo che nulla hanno a che fare con responsabilità, vere, false o presunte che siano. La premessa è d’obbligo perché nel giorno del dolore, in cui i familiari delle vittime potevano solo piangere i loro cari, dalla politica, quella impersonata da Luigi Di Maio (Matteo Salvini ha sviato la polemica con uno “specchio riflesso”: «È squallido che in una giornata come questa ci sia qualcuno che parla ancora di Autostrade, di Benetton. Chi sbaglia paga, non faccio né il giudice, né l’ingegnere, né l’avvocato…» ) si è tornato a sventolare – a mercati aperti – lo spauracchio della revoca ad Autostrade. «C’è la giustizia che deve fare il suo corso ma c’è anche un compito della politica» ha detto il cinquestelle. Aggiungendo poi su Facebook «Da un anno a questa parte stavamo lavorando alla revoca. Poi qualcuno ha iniziato ad avere paura, la Lega si era sempre opposta». E appellandosi a tutti i politici dei diversi colori: «revochiamo la concessione!». Risultato: Atlantia è precipitata in Borsa. Nulla di più.
Con la fine di questo Esecutivo (al netto di eventuali tempi supplementari) si metterebbe una pietra pesante sulla revoca. Già il pool di giuristi del Mit nelle conclusioni aveva consigliato «una diversa soluzione, rimessa alla valutazione politica o legislativa volta alla rinegoziazione della convenzione» con Aspi. Avvertendo sull’eccessivo rischio di contenzioso. La revoca unilaterale della concessione è consentita allo Stato (devono firmare in quattro, due alti dirigenti dei due ministeri preposti e i titolari dei dicasteri delle Infrastrutture e dell’Economia) salvo dover rifondere il concessionario delle mancate entrate fino a naturale scadenza. Le cifre circolate oscillano tra i 22 e i 25 miliardi (non dovuti solo in caso di grave inadempienza da parte del concessionario, che però -vorrebbe la legge – va dimostrata prima di essere strillata). Atlantia sbatte sul destino del governo anche nella faccenda Alitalia, essendo uno dei soggetti della newco che ha manifestato interesse al rilancio del la compagnia di bandiera.
Quel dossier non è morto, dicono fonti vicine, anzi si sta continuando a lavorare negoziando con Delta per la questione delle tratte a lungo raggio. E il 15 settembre si dovrebbe presentare il piano. Alitalia è un fascicolo molto caldo, non solo per gli interessi di Adr, cioè Atlantia, e ovviamente per lo Stato, ma anche per il bacino di voti del Nord (quindi della Lega). La compagnia incide anche sugli affari di Malpensa e Linate. Il sudamericaL’Italia non è l’unico fronte aperto per Atlantia, che è presente in 15 paesi. Nei giorni scorsi la stampa ha ripreso un report di Moody’s che cita il piano del governo cileno per investimenti sulle infrastrutture stradali e autostradali per 8,5 miliardi di dollari fino al 2023. In Cile Atlantia gestisce (comprese le quote di Abertis) 1100 chilometri. Secondo Mediobanca Securities gli asset cileni rappresentano il 18% per Atlantia. Di questi tratti di autostrade alcune vanno in scadenza tra il 2021 e il 2023. Il ministero dei Lavori pubblici sarebbe intenzionato a tagliare dal 3,5% attuale all’1% il tasso di rivalutazione (che si aggiunge alla rivalutazione sulla base dell’inflazione che viene mantenuta). Chi segue il dossier spiega che l’eventuale ritocco non sarebbe imposto ma aprirebbe per tutti i concessionari l’opportunità di una trattativa che potrebbe sfociare in allungamento della concessione e nuovi investimenti.