Questa volta non è stato necessario un arrembaggio politico analogo a quello predisposto per reclamare le dimissioni del vertice di Ferrovie. Nel caso di Gianni Vittorio Armani, numero uno di Anas, è bastato che a muoversi fosse il ministro dei Trasporti, Danilo Toninelli, chiedendo le dimissioni e ottenendole. L’amministratore delegato uscente dell’Ente nazionale per le strade, del resto, condivide una «colpa» proprio con Renato Mazzoncini, ossia l’ex capo di Fs in compagnia del quale ha congegnato la fusione tra Anas e Ferrovie. Un progetto varato lo scorso anno, con la benedizione del governo Gentiloni. Il 29 dicembre 2017, un po’ in extremis, l’assemblea del gruppo Fs si è fatta carico di deliberare un aumento di capitale da 2,8 miliardi per il conferimento di Anas e, contestualmente, anche il rinnovo anticipato del vertice. Una riconferma, insomma, di Mazzoncini, che altrimenti sarebbe andato in scadenza nella primavera di questo anno, all’indomani delle elezioni politiche.
Il doppio passaggio assembleare è entrato subito nel mirino del M5S, tanto che dopo il varo del governo gialloverde ha avuto subito inizio il pressing su Mazzoncini, con attacchi e critiche esplicite all’integrazione tra Fs e Anas, anche dal fronte leghista con gli affondi del viceministro ai Trasporti Edoardo Rixi e del sottosegretario Armando Siri. Una dinamica che alla fine di luglio ha portato alle dimissioni dell’intero consiglio di amministrazione del gruppo ferroviario, dichiarato decaduto secondo la legge Frattini. Nel frattempo, Armani è rimasto alla guida di Anas (oltre che amministratore delegato era anche direttore generale) con la certezza del fallimento dell’integrazione con Ferrovie e la consapevolezza che il nuovo esecutivo punta a smantellare quell’operazione. L’idea di un player nazionale delle infrastrutture è tramontata, salvo non essere stato definito dal ministro Toninelli il nuovo percorso da assegnare ad Anas. La svolta delle ultime ore, con la richiesta ad Armani di farsi da parte, prelude al rinnovo del consiglio di amministrazione, in serata si sono dimesse anche Vera Fiorani e Antonella D’Andrea, facendo così decadere l’intero board. La prossima settimana dovrebbe essere indicato il nuovo vertice e dal ministero filtra che ci sarebbe già il nome del nuovo amministratore delegato. Certo è che la garbata, quanto stringata, nota di Armani per comunicare le proprie dimissioni «in considerazione del mutato orientamento del governo sull’integrazione di Fs Italiane e Anas» non ha sortito alcun plauso. Toninelli si è affidato ai social network per sottolineare: «Il vento sta cambiando anche in Anas. Al passato lasciamo sprechi, stipendifici e manovre meramente finanziarie. Per il futuro lavoriamo a una nuova Anas con meno gente dietro la scrivania e più tecnici che progettano, costruiscono e mantengono sicure le strade».
Parole dure che fanno il paio con quelle del senatore M5S, Elio Lannutti.«Finalmente Armani si è dimesso ma non creda che ora cadrà tutto nel dimenticatoio: il M5s verificherà la regolarità degli appalti concessi dall’Anas in Italia e all’estero — annuncia — abbiamo depositato, noi del M5s, un’interrogazione firmata da 50 parlamentari e dal capogruppo Stefano Patuanelli in cui abbiamo denunciato le irregolarità e le malefatte della sua gestione».