Quattro miliardi e centosessantasette milioni. Cosa saranno mai, al confronto degli 87 ( ottantasette!) miliardi di fondi arenati nei meandri delle burocrazie ministeriali ( assurdità rivelata dal ministro dell’Economia Giovanni Tria al presidente dei costruttori Gabriele Buia)? Una goccia nel mare. Quel gruzzolo tolto quest’anno ai bilanci di Anas e Ferrovie è però la prova della gigantesca contraddizione fra le dichiarazioni del governo Conte e la realtà della sua azione.
Le parole: il premier annuncia che andrà “cantiere per cantiere” a far ripartire le opere per mostrare “una feroce determinazione a operare”, mentre il vicepremier Matteo Salvini comunica di aver proposto un decreto sblocca cantieri e il ministro delle Infrastrutture Toninelli giura che “ nessuna opera è stata bloccata”. I fatti: il più massiccio taglio alle disponibilità di Anas e Ferrovie che la storia recente ricordi.
Spietata è la ricostruzione dell’Associazione dei costruttori sulla base della legge di bilancio per il triennio 2019- 2021. Il fondo per gli investimenti Anas nell’anno 2019 si è ristretto di un miliardo 827 milioni, passando da 2 miliardi 361 milioni a meno di 534 milioni. È una cifra superiore a un terzo di tutti gli stanziamenti previsti nel triennio. Sia chiaro: i soldi non sono evaporati. Semplicemente sono stati spostati sul 2020 e sul 2021. La giustificazione è un adeguamento al piano finanziario dei pagamenti ma è comunque una bella botta.
Non è andata meglio alle Ferrovie. Gli stanziamenti per gli impianti di competenza 2019 sono stati ridotti da 3 miliardi 492 milioni a un miliardo 152 milioni, con un saldo netto negativo di 2 miliardi 340 milioni. In questo caso, ben oltre un quinto di tutte le somme assegnate alle infrastrutture ferroviarie per il periodo 2019- 2021. E a differenza di quanto fatto per l’Anas, qui il governo non si è limitato a spostare i denari da un anno all’altro, ma ha anche tagliato di un miliardo e 300 milioni le disponibilità del triennio, che in questo modo dimagriscono da 10 miliardi e 991 milioni a 9 miliardi 691 milioni.
Il gruppo Fs subirà così quest’anno un ridimensionamento del 71 per cento dei finanziamenti statali, ridimensionati da 5,8 a meno di 1,7 miliardi. La massiccia “ rimodulazione”, come si dice in gergo tecnico, riguarda l’intero conglomerato che comprende anche l’Anas, il cui capitale è passato un anno fa sotto il controllo delle Ferrovie. Una mossa che subito non era piaciuta all’attuale maggioranza di governo. Ma ora, a sette mesi dall’inizio dell’offensiva contro l’accorpamento delle due aziende, il divorzio è finito nel congelatore. E nessuno sa dire come, ma neppure se, verrà mai riesumato. Tutto depone anzi per un cambiamento del cambiamento.