Doveva essere il vertice per avviare la «fase 2» del Governo gialloverde. Ma l’incontro tra il premier Giuseppe Conte e i suoi vice Matteo Salvini e Luigi Di Maio, convocato ieri sera alle 21 a Palazzo Chigi e cominciato con un’ora di ritardo, si è trasformato in una resa dei conti sul mandato di Conte a trattare con l’Europa e sulla linea da tenere per scongiurare la procedura d’infrazione per debito eccessivo. Linea su cui oggi nel primo pomeriggio il ministro dell’Economia, Giovanni Tria, riferirà alle Camere, dopo un fine settimana fitto di incontri al G20 finanziario di Fukuoka. Un intervento atteso, anche perché arriva nello stesso giorno in cui a Bruxelles si riunisce il Comitato economico e finanziario con la prima valutazione dei tecnici dei ministeri delle Finanze alla procedura proposta dalla Commissione.
Sul tavolo del vertice serale, il primo dalle europee e dopo l’ultimatum del premier, la linea istituzionale Conte-Tria si è dovuta scontrare con le pretese dei due leader di maggioranza. È stato soprattutto Salvini, che oggi al Consiglio dei ministri è pronto a incassare il via libera al decreto sicurezza bis, a insistere per mettere in cima al confronto con Bruxelles l’esigenza di «pagare i debiti della Pa e tagliare le tasse». «La battaglia – ha spiegato – è diminuire il tasso di disoccupazione, che si riduce solo diminuendo la richiesta fiscale. Questo è quello che sarà al centro del dialogo con l’Europa». Ma anche del confronto interno all’Esecutivo. «Se qualcuno pensa di stare al Governo per tirarla in lungo o crescere dello zero virgola, non è quello di cui gli italiani hanno bisogno», aveva dettato in mattinata il vicepremier leghista da Via Bellerio, commentando gli esiti dei ballottaggi. In quest’ottica la riduzione fiscale tramite la flat tax avrebbe per il Carroccio una netta precedenza rispetto alla richiesta “concorrente” dei Cinque Stelle sull’introduzione del salario minimo. «Dobbiamo puntare ad aumentare gli stipendi dei lavoratori italiani sottopagati», è tornato a spingere Di Maio, che stima in una platea di 3 milioni i destinatari del salario di almeno 9 euro lordi l’ora. «Ma il salario minimo lo garantiscono le imprese», ha tagliato corto Salvini. «Come fanno a garantirlo se non si riducono le tasse alle imprese?».
Al di là della solita battaglia tra parole d’ordine che alimenta la concorrenza interna tra i due alleati, è però il «bagno di realtà» chiesto da Conte ai suoi vice a rappresentare lo snodo chiave nel Governo. Il premier ha ribadito l’obiettivo prioritario: evitare la procedura d’infrazione e salvaguardare i risparmi degli italiani. Senza fughe in avanti che non ci si può permettere: bene abbassare le tasse, è stato il ragionamento di Conte, ma bisogna capire come arrivarci e fino a che punto ci si può spingere.
Una prudenza condivisa dal ministro dell’Economia, che punta tutto sull’ufficializzazione nero su bianco della minore spesa per reddito di cittadinanza e quota 100 come argomento per convincere la Ue. Minori spese che porterebbero il deficit 2019 intorno a quota 2,1% del Pil e soprattutto che secondo via XX Settembre sarebbero in grado anche di accelerare il percorso di riduzione del disavanzo nei prossimi anni. Ma questa posizione negoziale fatica a farsi strada ai vertici di Lega e M5S, anche perché ipotecherebbe nei fatti una larga fetta delle promesse di queste settimane.
Sull’equilibrio delicato che prova evitare lo scontro con la Ue e sulla tenuta dei conti vigila il Quirinale, dove l’esistenza di un “partito del Colle” viene derubricata dal presidente Sergio Mattarella a schermaglia politica. Come la proposta dei mini-Bot, giudicata irricevibile. La novità, semmai, è il valore della stabilità dell’Esecutivo, pure agli occhi dei mercati, riconosciuta anche dal premier. Che invece è disposto ad ascoltare le richieste di Salvini e Di Maio sul rimpasto. Per la poltrona di ministro degli Affari europei sarà Salvini a suggerire la sua rosa, in cui oltre al sottosegretario agli Esteri Guglielmo Picchi, entra anche Alberto Bagnai, presidente della commissione Finanze del Senato e riferimento degli euroscettici italiani. Il M5S è disposto a sacrificare Danilo Toninelli (Infrastrutture) e vacilla anche Giulia Grillo alla Sanità. E da ieri sera è partita la graticola per i sottosegretari pentastellati, in vista di un possibile ricambio interno.