Il governo lancia la volata finale per il salvataggio di Alitalia senza avere reali certezze sul tavolo e riaprendo (a sorpresa) la porta alla partecipazione di Atlantia. «Il 15 luglio si chiude l’operazione e dovranno arrivare le offerte vincolanti», ha promesso ieri ai sindacati — preoccupati per l’assenza di proposte concrete — il vicepremier Luigi Di Maio. I punti fermi della cordata sono gli stessi di tre mesi fa: «Le Fs prenderanno circa il 35%, Delta tra il 10 e il 15% e il Tesoro il 15%», ha spiegato il ministro dello sviluppo economico. Un nucleo a trazione pubblica cui dovrebbe affiancarsi (con un investimento attorno ai 300 milioni) un altro partner: «Sono arrivate manifestazioni di interesse dalla famiglia Toto, da Claudio Lotito e da German Efromovich, il primo socio di Avianca», ha detto Di Maio. Che malgrado le feroci polemiche di questi giorni sulla concessione di Autostrade, ha riaperto uno spiraglio alla partecipazione dei Benetton. «Atlantia non ha presentato alcuna offerta formale — ha aggiunto — . Non abbiamo pregiudizi ma non accettiamo ricatti. Chi vuole manifestarsi lo deve fare ora».
La situazione resta ancora comunque in alto mare. La buona notizia è che la compagnia ha ancora in cassa circa 435 milioni più i depositi (altri 100 milioni circa) alla Iata e che passeggeri (+2%) e i ricavi (+3,9%) stanno crescendo nel 2019. Un quadro che dovrebbe consentire ad Alitalia di volare almeno fino a fine anno. Sul tavolo però mancano ancora il piano industriale e i soldi per completare la cordata — a mano che Fs o Stato non aprano ancor di più i cordoni della borsa — e nessuna delle offerte arrivate al Mise contiene per adesso un impegno economico reale. I Toto — forse il progetto più credibile — hanno scritto una lettera a Di Maio dettagliando i loro progetti («stiamo approfondendo il dossier», ha detto il vicepremier) e incontreranno in settimana Delta. Ma malgrado i 215 milioni incassati con la vendita di un campo eolico in Usa non hanno squadernato un’offerta finanziaria concreta. L’advisor Mediobanca è ancora in attesa di prove sui 300 milioni di finanziamenti garantiti da Lotito. Mentre le avances di Efromovich, che ha appena fatto fallire due aerolinee in Usa, non convincono per niente Delta.
Con questi chiari di luna non è facile per il governo tenere il punto sul “no” ad Atlantia: i Benetton non hanno problemi di liquidità, conoscono bene Alitalia su cui hanno già investito (perdendoli) 230 milioni, controllano Aeroporti di Roma e hanno tenuto un canale informale aperto nelle ultime settimane con Fs e Delta. Unico problema: in questo caos di dichiarazioni contrastanti (nei giorni anche la Lega sembrava aver scaricato la famiglia di Ponzano Veneto) e senza interlocutori istituzionali affidabili, Atlantia non pare avere alcuna intenzione per ora di uscire allo scoperto.
L’incertezza insomma, regna sovrana. E questa situazione ha lasciato ieri l’amaro in bocca ai sindacati. Usciti dal confronto al Mise molto allarmati: «Quello di oggi è stato un incontro quasi inutile e un po’ pericoloso. — ha detto il leader Cgil Maurizio Landini — . Non c’è stata alcuna novità. Si allungano i tempi e non ci sono chiari progetto industriale e prospettive». Un motivo in più per «confermare il sostegno allo sciopero del settore indetto il 26 luglio». «Siamo preoccupati», hanno ribadito piloti e assistenti di volo che temono un piano redatto solo da Fs e Delta «con possibili suggerimenti di Air France» che non garantisca alla fine «il vero rilancio di Alitalia».