Giuseppe Conte chiude la porta ad Atlantia, tre giorni dopo il comunicato della holding dei Benetton che ha annunciato di non essere interessata al rilancio di Alitalia senza però chiudere a un impegno futuro. Ieri Conte taglia corto: Atlantia, spiega, «non ha confermato la sua manifestazione d’interesse per Alitalia. Noi adesso dobbiamo prenderne atto», aggiunge quasi sdegnoso, «mentre ci sono altri soggetti che hanno fatto delle proposte ai commissari della compagnia».
Restano in campo — secondo il premier — quantomeno Ferrovie dello Stato, la tedesca Lufthansa, infine il gigante statunitense dei cieli Delta. Atlantia, però, non conferma il suo disimpegno dalla partita Alitalia e rimanda al suo comunicato del 19 novembre. La società riflette sul dossier della compagnia, ma non vuole separare questa partita da quella, che considera parallela, della concessione in capo alla controllata Autostrade per l’Italia. Concessione finita in discussione dopo il drammatico crollo del Ponte Morandi.
Atlantia sa infatti che esiste il rischio che il governo Conte ritiri la concessione, come i ministri grillini continuano a chiedere, e non vuole impegnarsi sul fronte Alitalia prima di avere precise assicurazioni. La mossa di Conte, adesso, punta a spezzare questa posizione e “avvisa” Atlantia che il governo d’ora in avanti si considera con le mani libere.
Autostrade per l’Italia si dota intanto di un consiglio di amministrazione più agile che — fino al 2021, a meno di ripensamenti — avrà soltanto undici membri. Tre consiglieri di un certo peso lasciano così Autostrade mentre conservano il loro impegno nella casa madre Atlantia. Sono Giancarlo Guenzi, direttore generale della holding; Michelangelo Damasco, general counselor di Atlantia; e il consigliere Amedeo Gagliardi, direttore legale di Autostrade per l’Italia.
Intanto, però, Delta non è più nelle condizioni di valorizzare Alitalia lungo le rotte a medio e a lungo raggio (come Ferrovie e lo stesso governo italiano si augurano). L’intoppo è nato al Dipartimento americano dei Trasporti (il Dop). Dopo un ricorso della low cost newyorkese JetBlue, il Dop ha valutato se le alleanze internazionali di Delta potevano compromettere la piena concorrenza tra le compagnie attive negli Usa. Siti internazionali accreditati rivelano ora che il Dop approva solo l’intesa tra Delta, Air France-Klm e Virgin. Invece non autorizza, almeno non ancora, un allargamento pieno dell’alleanza a Csa (Repubblica Ceca) e ad Alitalia.
In questo quadro buio, mentre Atlantia si chiama fuori e Delta si scopre con le mani legate sullo scacchiere italiano, le buone notizie sono davvero poche. Gli ottimisti si aggrappano al fatto che Air France-Klm non ha smentito le indiscrezioni che la danno interessata a salvare Alitalia. Salvarla, certo, ma a quali condizioni? Come già per la ex Ilva, anche per Alitalia Vincenzo Boccia chiama in causa la classe politica. Il presidente degli industriali italiani attribuisce la fuga degli investitori ai «troppi paletti» che vengono disseminati sul campo. E all’ipotesi che il governo rinvii per l’ennesima volta il termine entro cui dare forma al salvataggio di Alitalia, ecco Boccia mettere in guardia dall’ennesimo prestito ponte: «Si tratterebbe del solito prestito a fondo perduto». Sul governo arriva infine il fuoco di Forza Italia e il fuoco amico del governatore della Campania De Luca: «Alitalia è il simbolo di un Paese in declino».