Un oblò è rimasto aperto. Ma da quell’unico finestrino lasciato socchiuso nella trattativa per salvare Alitalia potrebbe risalire sugli aerei della compagnia di bandiera un partner fino ad ora tenuto in attesa sulla scaletta: ossia Atlantia, la società che controlla la società Autostrade per l’Italia. Quella in mano alla famiglia Benetton e che da agosto scorso – da quando è crollato il ponte Morandi – è entrata nel mirino del Movimento 5Stelle.
Nelle ultime ore, infatti, sta emergendo un piano per chiudere davvero il dossier sulla compagnia di bandiera. Un’ipotesi che possa accontentare sia i partner industriali nella “Newco” che assumerà il controllo di Alitalia, sia gli interlocutori del governo che hanno seguito la vicenda. Un’opzione su cui il ministro dello Sviluppo economico Di Maio ha iniziato a svolgere più di un sondaggio. E che prevederebbe, appunto, il coinvolgimento di Atlantia ma non come principale partner privato. In sostanza con una quota di azioni paritaria rispetto all’altro gruppo privato italiano: quello della famiglia Toto.
L’intenzione, dunque, è proprio di non chiedere una ulteriore proroga. Il titolare dello Sviluppo economico vuole chiudere il pacchetto entro lunedì prossimo. Preferibilmente già per dopodomani, venerdì. E per rispettare i tempi non ci sono margini troppo ampi per scovare, selezionare e accettare altri soci. Le proposte fin qui arrivate, da Lotito ad Avianca, non hanno certo entusiasmato l’esecutivo.
Il presupposto è che la nuova società sarà di fatto tenuta sotto il controllo pubblico attraverso le Ferrovie dello Stato con una percentuale che supererà di poco il 35% e il Ministero dell’Economia che deterrà il 15 per cento. Va dunque assegnato il restante 49 per cento. Il partner industriale su cui si basa l’operazione resta l’americana Delta. Alla quale il governo ha fatto pervenire nei giorni scorsi la richiesta di accrescere il suo sforzo. La compagnia Usa membro di Skyteam come Alitalia potrebbe allora far salire la sua partecipazione vicino al 20 per cento. Gli americani, però, hanno posto due condizioni: basta proroghe e alleati forti. Basta proroghe perché i tempi di realizzazione del piano hanno iniziato ad assumere un carattere troppo lungo per le abitudini statunitensi. Alleati forti, invece, equivale ad una preferenza per Atlantia e quindi per i rappresentanti di Autostrade-Benetton. Una preferenza, peraltro, espressa con decisione anche dalla Lega.
Da questa piattaforma è ritornata in campo l’idea di coinvolgere la società guidata da Giovanni Castellucci. Sulla quale, però, il Movimento 5Stelle non ha mai nascosto le sue critiche. Di Maio, però, ha iniziato a valutare questa soluzione ponendo a sua volta altre due condizioni. La prima riguarda l’assoluta e totale separazione tra questa vicenda e quella che riguarda la revoca delle concessioni autostradali. Nella sostanza il capo grillino non intende accettare un baratto tra il “salvataggio” di Alitalia – che pure per la reputazione e la credibilità elettorale del M5S è diventato vitale – e la rinuncia a proseguire l’iter della revoca. Almeno formalmente i pentastellati non recederanno dalle loro intenzioni.
La seconda condizione consiste nell’affiancare ad Atlantia, in una posizione paritaria, il Gruppo Toto. Non è un caso che ieri i vertici dell’azienda abruzzese siano stati ricevuti dai vertici delle Fs proprio per illustrare i loro progetti su Alitalia. E non è un caso che gli stessi Toto siano stati convocati ieri sera da Di Maio al ministero dello Sviluppo economico. Atlantia e Toto, dunque, se questa soluzione incontrerà i favori di tutti i partecipanti, avrebbero una quota vicina al 12 per cento ciascuno. Le azioni rimanenti, infine, andrebbero ad un fondo italiano, il QuattroR.
Si tratta, però, di una manovra complicata. E dai contorni piuttosto fragili. Sia dal punto di vista politico, sia da quello economico-finanziario. Il primo profilo, infatti, è ancora condizionato dai dubbi che molti grillini – in particolare la base del Movimento e il fronte anti-Di Maio che si sta coagulando intorno a Alessandro Di Battista – tuttora coltivano nei confronti di Autostrade. La paura è che il salvataggio di Alitalia, sebbene dettato da una forma di realpolitik governativa, si trasformi in un boomerang esattamente come le soluzioni adottate per il Tap, Ilva e Tav. Dal punto di vista economico, invece, tutti i partner privati – a partire dall’americana Delta – stanno inserendo una serie di clausole in grado di mettere in difficoltà il governo, la capacità di investimento di Fs e la forza inizialmente solo neutrale del Ministero del Tesoro. La “Newco”, ad esempio, dovrebbe essere – secondo gli investitori privati – liberata in parte dai debiti della vecchia Alitalia. Si formerebbero così una “bad” e una “good” company. L’ulteriore braccio di ferro si sta concentrando sul numero dei dipendenti. È vero che nei programmi di adesione uno dei cardini poggiava sulla conservazione dei livelli occupazionali, ma quando i patti iniziano a diventare stringenti quell’argomento tende comunque a riproporsi. Infine l’attenzione è rivolta agli slot, ossia alle rotte che gli aerei potranno effettivamente percorrere. Per dipanare la matassa, però, ormai mancano solo cinque giorni.