Uno spiraglio minimo alla fine sembra essersi aperto. Una breccia ancora strettissima e disagevole, ma sufficiente a far pensare a Sergio Mattarella che la trattativa tra i 5 Stelle e il Pd possa concludersi con la nascita di un governo. Ecco il provvisorio risultato dei contatti che si sono intrecciati nel weekend fra il Quirinale e gli emissari dei partiti coinvolti nel negoziato.
Il nodo resta quello del premier. Con i grillini che insistono su Conte. E con i democratici che, pretendendo «discontinuità» altrimenti si avrebbe «un rimpastone», lo escludono. A questo punto o affiora un candidato «terzo» (una figura neutrale, magari un tecnico, comunque non suggerito dal Colle), accettabile per entrambi i fronti, o Conte supera il veto, per esempio grazie al «merito» d’aver seppellito Salvini e chiuso da Biarritz il forno del M5S con la Lega. Tutto è possibile. E da ieri più che da sabato, a patto che i potenziali «soci» della futura maggioranza sappiano compiere anche qualche rinuncia in nome di una visione generale.
Il quadro è in evoluzione e Mattarella resta in attesa di risposte entro le prossime 24 ore. Già, perché se prevalessero tatticismi e inconcludenze e si chiudesse la piccola apertura delle ultime ore (poco più che indizi di buona volontà), potrebbe tagliare corto. Il che significherebbe completare il secondo giro di consultazioni addirittura domani sera, anziché mercoledì, decretando la resa. Cioè il varo di un esecutivo di garanzia con l’incarico di portare il Paese al voto, che difficilmente potrebbe avvenire prima del 10 novembre.
Ecco il rovello del presidente, che si è concesso una pausa ieri volando a Fivizzano, paese della Lunigiana, per onorare con il collega di Berlino Frank-Walter Steinmeier i 75 anni delle stragi nazifasciste in cui morirono 174 civili. «La disumanità, il terrorismo senza scrupoli praticato dalle SS e dai brigatisti neri repubblichini ha crudelmente segnato la vita di questa parte d’Italia», ha esordito Mattarella. «Una guerra totale, di annientamento che il regime nazista riservava ai popoli sottomessi» e che qui vide «italiani e tedeschi, insieme, a scatenare la follia omicida contro una popolazione inerme di anziani, bambini e donne».
Un orrore di fronte al quale — ha aggiunto — «siamo qui, fianco a fianco, tedeschi e italiani, a chinare il capo verso le vittime, a invocare perdono». Accanto alle sovrastanti e assolute colpe di chi si macchiò di quei crimini si aggiungono quelle storiche, politiche, e i peccati di omissione. Perché la storia insegna che «di fronte alla barbarie, secoli di civiltà possono esser annientati in un istante». Per questo bisogna «guardare con consapevolezza» a questi drammi, «senza accedere alle tesi dell’oblio», ma inserendo in questa «prospettiva storica il significato stesso dell’Unione Europea, garanzia di libertà e democrazia nata dall’abisso». Esortazioni cui ha fatto eco un imbarazzato e dolente Steinmeier: «È difficile per un presidente tedesco essere qui a parlare con voi… Non possiamo capire l’odio che spinse i tedeschi a dare atrocità. La loro missione era di vendicarsi per la Resistenza dei partigiani lungo la Linea Gotica».