Il benessere degli individui, anche nel luogo di lavoro, costituisce oggi qualcosa in più di una condizione accessoria – per quanto importante e auspicabile – ai fini della produttività. Si qualifica anzi, a tutti gli effetti, come un asset aziendale, forse il più importante in un contesto in cui in misura sempre più determinante sono proprio le persone a fare la differenza e sono le persone con il loro patrimonio di idee, conoscenza e creatività a rendere competitiva l’impresa e a decidere le sorti delle sfide che il mercato continuamente propone. Il digitale ha però cambiato radicalmente il nostro modo di vivere e lavorare, mutandone gli equilibri: siamo connessi 7 giorni su 7, h24 e i confini tra vita privata e vita lavorativa sono venuti meno. Ritagliarsi tempo per sé, i propri hobby, gli amici e la famiglia è diventato difficile; i livelli di stress sono aumentati e il burnout è stato dichiarato una sindrome dall’OMS. Sedentarietà e ritmi di lavoro che interferiscono negativamente sulle abitudini alimentari e sul riposo fanno il resto. Urge dunque intervenire, perché solo persone in salute e felici possono far emergere le soft skills essenziali per portare valore aggiunto in azienda. In questa direzione il libro si snoda tra riferimenti alla filosofia antica, come necessario presupposto per la sensibilizzazione alla cura di sé, e all’economia della felicità, come base per un modo nuovo di fare impresa. Rintraccia nella storia le prime misure di welfare che hanno aperto la strada alle politiche di wellness fino all’attuale concezione olistica del benessere, e propone il well-being come ingrediente attrattivo di un employer branding di successo ed elemento rilevante di una strategia di responsabilità sociale d’impresa. Prefazione di Fabio Pompei.