Non è strano che BasicNet abbia perso l’anno scorso il 15% del fatturato: con Superga, Robe di Kappa e con K-Way, Marco Boglione ha comunque fatto molto meglio di un settore, il Sistema Moda Italia, che nel 2020 è crollato del 26%. Perciò «strana» è semmai, in questo caso, la performance della meno nota Asap. Fiorentina, guidata dal tandem Marcello Tarfanelli & Benedetta Cecchini, è l’azienda che «con orgoglio» distribuisce in Italia il fashion calzaturiero Dr. Martens, Ugg,Steve Madden, eccetera eccetera. Negozi e centri commerciali chiusi per buona parte dell’anno — cioè quel che è costato al comparto uno dei peggiori disastri da Covid — per loro hanno fatto poca differenza. Non hanno smesso di crescere: il +4,8% abbasserà anche la media del 10% del periodo 2013-2019, ma di questi tempi è un successo decisamente controtendenza.
Crescita e resistenza
Si può dire: BasicNet (che nel primo trimestre 2021 è ripartita) e a maggior ragione Asap sono eccezioni, casi speciali. Vero a metà. Sono due imprese Champions, al top assoluto per livelli di crescita, redditività, solidità finanziaria consolidati nel lungo periodo. Non sarebbero tali se non avessero mostrato di poter continuare a creare valore nonostante tutto, o nonostante tutto riuscire a contenere le perdite (di fatturato: gli utili, in realtà, anche nel 2020, sono quasi sempre rimasti e in più di un caso sono addirittura aumentati). Per cui sì, sono «speciali». Eppure non proprio «eccezioni». Come dimostrano, tra le Mille Top edizione 2021 de L’Economia e ItalyPost, altri due «Campioni» di altrettanti settori che i lockdown non hanno magari azzerato: ma tramortito, e pesantemente, sì.
La famiglia Fiorentini, per dire, ha un piccolo impero degli snack naturistici. Da Trofarello, Torino, controlla un terzo del mercato (a ricavi: a volumi si sale al 70%). Solo che è un mercato fatto in massima parte da uffici, scuole, palestre. Effetto combinato di smart working, dad, chiusure totali: attività del settore dimezzata. La Fiorentini ha contenuto il calo al 6%. Soprattutto, ha usato il «fermo per virus» per preparare il lancio di nuovi prodotti e farsi trovare pronta quando anche lì scatterà la ripresa, già evidente in altri settori. L’automotive e la meccanica in generale sono in rincorsa, frenata solo dal rincaro delle materie prime e dalla carenza di chip sul mercato globale, comparti più light tipo la cosmetica hanno ricominciato a girare. Pesante o leggera che sia l’industria, però, quel che non cambia è l’approccio. È la filosofia di gestione reinventata, forzatamente, nel «tempo sospeso» cui la pandemia ci ha costretto.
Tanto per restare nel campo dei consumi che il Covid ha bruciato, congelando intere filiere: il conto dello stop a saloni e centri estetici non lo hanno pagato solo i parrucchieri, lo ha pagato tutta l’industria che li rifornisce. Una débâcle: -30%. Tracollo che sarebbe stato ancora più violento, persino nel dato medio, se qualcuno non fosse riuscito a limitare i danni. Come ha fatto tra gli altri Davines, l’ex piccolo laboratorio che Davide Bollati ha trasformato in pochi anni in gruppo leader del settore. A Parma, hanno fermato il calo al 6%, mantenuto la redditività, soprattutto hanno usato il famoso «tempo sospeso» per spingere ulteriormente sul binomio innovazione-sostenibilità. Alla riapertura dei saloni, l’azienda «c’era»: rialzate le saracinesche, nelle vetrine i nuovi prodotti erano pronti e schierati.
Morale. Non è andato per niente «tutto bene», come ci dicevamo un anno fa. Nemmeno tra i Champions. L’economia era e rimane la seconda grande emergenza dopo la sanità. Ma se è vero che l’industria ha pagato un prezzo altissimo, con un fatturato complessivo crollato dell’11,5% contro l’8,9% del Pil, è vero anche che oggi tutti i dati concordano: la ripresa nel manifatturiero è già iniziata, ha basi solide, pur se dovrà fare i conti con il rincaro delle materie prime sarà la locomotiva che trainerà il Paese verso il rilancio.
Non per la prima volta, il ruolo delle Top Mille sarà centrale. Per quanto piccole e medie, queste sono imprese che insieme fanno 85 miliardi di fatturato 2019 (più di Enel, prima nella classifica Mediobanca), che nel 2020 hanno dimostrato un’invidiabile capacità di resistenza se non di crescita boom (nei settori che la pandemia ha premiato), che nel 2021 sono entrate a tutta velocità. È per queste ragioni che, nei Meet The Champions settimanali (primo appuntamento su
L’Economia il 10 maggio) e nell’incontro per la presentazione del numero speciale (21 maggio in Piazza Affari), potranno darci «il polso» della ripartenza e un’idea di quale potrebbe essere il punto d’arrivo: quanto robusta sarà la ripresa, quanto ci metteremo ad agganciarla in pieno, quanto la pandemia ha rivoluzionato le formule del successo e i modelli di organizzazione, gestione, «visione» del business. L’analisi dei loro bilanci 2013- 2019, realizzata dall’ufficio studi di ItalyPost con il contributo di Crédit Agricole Italia, Auxiell e Bureau van Dijk Italia – A Moody’s Analytics Company, sarà la base di avvio. Con un messaggio-chiave chiaro fin d’ora.
Niente sarà più come prima, si sa. Però guardare indietro e piangere sulla crisi non aiuterà nessuno: quel che è già cominciato è il tempo della Ricostruzione. Se di un nuovo Rinascimento, anche, dipenderà da noi.