Nonostante le difficoltà è stato l’anno di Conte. Secondo l’ultimo rapporto Euromedia Research il premier è cresciuto di cinque punti e mezzo nell’indice di fiducia degli italiani. E’ l’unico che ha continuato a crescere assieme a Giorgia Meloni che guadagna due punti e mezzo. E i 5 Stelle? Beppe Grillo e Gianroberto Casaleggio in dieci anni hanno costruito un Movimento che, cooptando semplici cittadini dalla vita “normale”, è riuscito a raccogliere alle elezioni politiche del 4 marzo 2018 il 32,7%, ottenendo la guida del Paese.
Il 26 maggio 2019, neppure 15 mesi dopo, il M5S fu costretto a cedere il primato politico alla forza leghista di Salvini, che si è affermato – alle elezioni europee – al 34,3% dei voti. Oggi, ad un anno dall’ultima chiamata nazionale ufficiale alle urne, anche la Lega, pur restando il primo partito se si esclude il 39,1% dell’astensione e degli indecisi, si attesta intorno al 25%. Molte cose sono cambiate e il 2020 ci ha sicuramente messo del suo.
Chi attendeva un contraccolpo sull’andamento del consenso, personale e di partito, di Matteo Salvini già ai preludi autunnali del 2019, dopo la costituzione del governo Conte-2, si sono ben presto resi conto di essersi sbagliati e di aver sopravvalutato l’influsso di una vicenda, che era politica e parlamentare rispetto alle più genuine opinioni degli elettori. Infatti, anche se sono cambiati i colori del governo da giallo-verde a giallo-rosso, è doveroso ricordare che fino al termine del 2019 non erano mutati né il clima né le paure e i desideri degli italiani. Già qualcosa si stava muovendo, invece, a gennaio con le elezioni in Emilia Romagna. Per Matteo Salvini, da quando è diventato «il capitano» della sua formazione politica, il voto è sempre stata un’emozione da vivere come una festa insieme ai suoi elettori contro i suoi nemici del momento. Anche il Movimento 5 stelle, agli albori, era mosso dal sentimento e dalla passione verso la possibilità di partecipare al “Sistema Paese” dalla piazza per modificarlo e renderlo più equo.
C’è voluto un evento esterno, paralizzante e totalizzante come la pandemia, a creare un “terremoto” sull’andamento della politica dell’Italia e dei suoi leader. Oggi molto è cambiato e il processo è ancora in fase di definizione, proprio perché in un momento così delicato, spesso si sono confuse le idee con la realtà. Tante sono state le reazioni di una parte dei cittadini che si sono mossi adattandosi all’accaduto, cioè facendo le stesse cose dell’epoca pre-Covid con una nuova modalità, cercando di recuperare modi di agire nuovi per mantenersi attivi soprattutto sul piano economico. Altri invece sono stati più resilienti, cercando il loro conforto nelle parole e agganciandosi a quelle figure che, «nella stanza dei bottoni», hanno pieni poteri.
Da tutto ciò è emerso un paese in una forma ibrida, dove il 39,1% si dichiara ancora indeciso sulla scelta del partito politico, ma che esibisce giudizi severi nelle indicazioni dei suoi leader. Nell’arco di un anno solo Giuseppe Conte e Giorgia Meloni sono stati in grado di mantenere e far crescere il loro indice di fiducia, che, attenzione, non si traduce direttamente in voti, ma si può leggere in forma sommaria come la volontà di trovare ognuno il proprio punto fermo in questo ginepraio di indicazioni.
Per la leader di Fratelli d’Italia il guadagno di 2,5 punti in percentuale di fiducia è certamente un riconoscimento alla sua coerenza e al non volersi mai nascondere, o fingersi diversa nelle intenzioni e negli obiettivi. Può piacere o non piacere, ma sicuramente la crescita di Meloni si può interpretare in una chiave nuova, legata alla sua riconosciuta aspirazione di diventare il leader del centrodestra.
I fari puntati sull’azione del governo e del suo premier, uniti all’impossibilità di tenere comizi – comiziare – nelle piazze piene, abbandonarsi ai selfie e parlare faccia a faccia con i cittadini, attività in cui Matteo Salvini eccelle, hanno reso il leader leghista più fragile e per la prima volta lontano e non in linea con le aspettative degli elettori che ovviamente, oggi, nella difficoltà del momento guardano apertamente a Conte e alle sue mille pianificazioni.
Insomma, il mancato touch con la gente e il centro del palcoscenico lasciato a chi occupa la stanza dei bottoni – maggioranza di governo -, hanno creato un piccolissimo vuoto intorno a Salvini che in un anno perde il 12,5% nell’indice di fiducia. Giorgia Meloni, invece, è stata valutata dagli elettori di centro destra più lucida e ancorata alle sue solite argomentazioni e per questo premiata sia a livello di partito sia a livello di gradimento personale. Non bisogna dimenticare che Matteo Salvini ci ha abituati, nel corso degli ultimi anni, a cambi di passo vertiginosi dimostrando il suo tratto istrionico in ogni occasione, unito alla sveltezza e alla capacità di riprendersi la scena e con essa anche il consenso. Ma, in questo insolito giugno, si trova a vivere una condizione più complicata, che rimette spesso in discussione mediatica la sua leadership nel partito e nella coalizione. Una cosa impensabile fino a un anno fa.
Il premier Conte invece in un anno guadagna il 5,5% nell’indice di fiducia. Se nel Conte-1 era oscurato in una posizione di arbitro tra i due vicepremier Salvini e Di Maio, con il nuovo esecutivo è riuscito non solo a prendersi il centro della scena, ma a dimostrare di non essere solo un arbitro della contesa politica. La quarantena ci ha restituito le immagini di un capo del governo emergente e solitario.
Sui migranti, i cittadini sembrano «rimpiangere» l’atteggiamento mostrato dal Conte-1 con un Matteo Salvini in prima linea. Tuttavia nel passaggio tra il 2019 e il 2020 sono mutate le priorità degli italiani: sotto la spinta del Covid 19 oggi le richieste, al di là di un sistema sanitario con un presidio territoriale migliore, sono rivolte al lavoro, al rilancio dell’economia e alla rivoluzione fiscale. E dicevano che il Covid-19 non ci avrebbe cambiati.