Tra i sussulti della decadenza politica in cui il Paese si agita, la vicenda delle guardie civiche (qualificate con pudore “assistenti”) resterà agli atti come un caso limite di idea cervellotica ma emblematica di un certo modo d’intendere il rapporto con l’opinione pubblica.
È chiaro che l’esercito dei sessantamila controllori non prenderà mai servizio: in poche ore ha suscitato la diffidenza o l’ostilità trasversale di un buon numero di forze politiche, di gran parte degli scienziati e infine del ministero dell’Interno che non è stato nemmeno consultato.
Di conseguenza, come di solito accade, la proposta si è scoperta in un attimo senza padri né padrini. Tranne uno: il ministro degli Affari regionali, Boccia, che l’ha concepita e messa sul tavolo in buonafede, ottenendo tuttavia il solo effetto di esasperare il nervosismo che si avverte nell’aria e di far perdere altro tempo a un governo che ne ha perso già parecchio.
L’aspetto singolare è che invece di concentrarsi su iniziative magari innovative volte a promuovere la ripresa economica e a rassicurare un Paese smarrito, la fantasia del potere si applica a tutto ciò che prevede forme di controllo vagamente asfissianti.
Anziché credere al senso di responsabilità dei cittadini, che nel complesso si sono ben comportati nelle strettoie dell’emergenza sanitaria, si preferisce inventare nuovi strumenti sicuramente inefficaci – oltre che costosi per un erario esausto – ma dal sapore poliziesco.
Oltretutto all’insaputa di chi – il Viminale – ha il dovere istituzionale di gestire le forze dell’ordine.
Chi non ricorda la storia tragicomica delle “ronde padane” propugnate un tempo dalla Lega, ma respinte dagli spiriti liberali con l’argomento che deve essere lo Stato con i suoi organismi a provvedere alla sicurezza collettiva?
Ne deriva che le nuove ronde anti-assembramento sono proprio quello che non serve a una società piegata da oltre due mesi di isolamento e bisognosa di risentirsi viva. Con ogni cautela, ovvio, ma senza la sensazione di vagare per l’eternità dentro un mediocre film di fantascienza. In ogni caso, come è possibile che tali bizzarrie prendano forma con una certa regolarità? Certo, esiste una crescente debolezza della politica, di cui è sempre più evidente la carenza di visione e l’incapacità di trasmettere messaggi coerenti.
Il Pd, si dice, ha normalizzato il M5S: purtroppo sembra averne assorbito i lati peggiori, a cominciare dalla sub-ideologia illiberale. Per cui si cerca il colpo a effetto, il titolo del giorno dopo, il talk show serale. Ma tutti tendono a vivere alla giornata. E per qualcuno la pandemia è l’occasione per esercitare una vigilanza coercitiva sull’insieme dei comportamenti sociali che diventa il surrogato della politica forte e credibile che manca.
A proposito di credibilità, chiunque può rendersi conto che la faida all’interno della magistratura, o meglio tra le correnti e le fazioni del Consiglio Superiore, ha molto a che fare con la politica debole. I conflitti di potere fuori controllo offrono un’immagine distorta e purtroppo degenerata della funzione giudiziaria.
È un’altra prova del declino in atto a tutti i livelli. Ed è legittimo domandarsi: quanto può valere una riforma del Csm annunciata quando è tardi, per di più affidata a un ministro come Bonafede appena scampato per il rotto della cuffia alla sfiducia parlamentare?