La fretta di fare un annuncio positivo al Paese è stata più forte di qualunque cautela. E così, a quasi una settimana dall’approvazione, il cosiddetto decreto Rilancio viaggia ancora in un limbo giuridico. Sta rimbalzando tra ministeri e uffici tecnici per trovare coperture finanziarie e modificare gli articoli più controversi. E il premier Giuseppe Conte ha deciso di rinviare di due giorni il suo discorso in Parlamento. Il ritardo viene spiegato con la complessità e il numero delle norme: giustificazione che stride con l’enfasi iniziale. E comunque, di fatto il provvedimento rimane ancora virtuale. Prima deve essere mandato al Quirinale per la controfirma del capo dello Stato; e dunque non può produrre alcun effetto benefico su un Paese in attesa. Ma far ripartire le attività commerciali senza distribuire i 55 miliardi di euro annunciati rischia di suonare come una presa in giro. Si delinea il protagonismo statale per erogare soldi a pioggia. Ma in parallelo lo stesso Stato mostra una lentezza e un’inefficienza sconcertanti. Dall’opposizione, Giorgia Meloni sostiene che «è una confusione voluta: nella Babele vincono sempre lo Stato e la burocrazia». Forse è un’analisi troppo benevola. La confusione non è figlia di una strategia, ma della difficoltà oggettiva a gestire la fase 2. Lo è in termini economici, e a livello politico. Il fatto che ieri sia stato annunciato il Fondo europeo per la ripresa da 500 miliardi di euro sembra segnare una vittoria delle nazioni nordeuropee, avare di concessioni ai Paesi indebitati. Per ora, è la metà di quanto sperava il governo, e l’opposizione euroscettica lo sottolinea: anche se Palazzo Chigi precisa che si tratta di sussidi, non di prestiti da rimborsare. E dunque è un buon «punto di partenza». La notizia, data dalla cancelliera tedesca Angela Merkel e dal presidente francese Emmanuel Macron conferma anche, però, un asse franco-tedesco che taglia fuori gli alleati. E questo non aiuta una coalizione già nervosa. La mozione di sfiducia contro il Guardasigilli Alfonso Bonafede, il grillino accusato da un magistrato del Csm di avere subito pressioni criminali su alcune nomine, ripropone una situazione in bilico seguita con attenzione dal Quirinale. Per conto del M5S, Vito Crimi si aspetta domani una maggioranza compatta. Ma Iv ripete che deciderà dopo avere ascoltato il ministro in Parlamento, pur cercando un compromesso con Conte. Nessuno può escludere che un’eventuale crisi porti a elezioni dopo l’estate, e questo induce alla cautela. A settembre sono previste votazioni in cinque regioni, dopo un rinvio per la pandemia. Ma le elezioni anticipate hanno il sapore solo di una minaccia.