Petrolio, trilioni e pipistrelli. Petrolio: per poca domanda e troppa speculazione il prezzo del petrolio è andato sotto zero, come mai prima nella storia. Trilioni: per l’azione tanto dei governi quanto delle banche centrali, la massa monetaria sta giorno per giorno scalando il cielo, ormai calcolata non più in miliardi, come era ancora fino a pochi anni fa, ma in trilioni, unità di conto questa che è sempre più simile ai fantastiliardi dei fumetti. Ma la cosa più drammatica è che quella discesa e questa salita sono simultanee! Segno che all’interno del sistema qualcosa si è rotto.
Nell’età della globalizzazione integrale si usava dire: basta il battere delle ali di una farfalla in Asia, per causare un uragano in America. Questa volta pare sia stato il batter d’ali di un pipistrello in Cina a generare un virus globale che, sorvolando la Via della Seta, ha rotto l’equilibrio (?) globale.
La storia non si ripete mai per identità perfette, ma è ormai certo che la crisi del 1929 fu causata dal crollo della fiducia, fiducia che crollò perché il valore della carta quotata nella Borsa di Wall Street era ormai e troppo evidentemente lontano dalla realtà. E fu così che alla fine proprio questa — la realtà — si prese la sua vendetta. Oggi i governanti creano «mammut» finanziari nutriti a trilioni, parlano in tv di «potenza di fuoco», ma sempre meno ci si crede e non ci crede più neppure Wall Street! Per loro conto le banche centrali ci rassicurano (?) garantendo la loro disponibilità all’acquisto di titoli spazzatura!
Dalla crisi del 1929 l’America è uscita solo a partire dal 1941, con la guerra che ha fatto per salvare il mondo. E tuttavia è diffusa la tendenza a retrodatare l’uscita dalla crisi, per farla risalire all’economista Keynes. Premesso che Roosevelt, Hitler e Mussolini, facendo spesa pubblica, dovevano essere keynesiani… ma a loro insaputa, è certo che Keynes fu il Picasso dell’economia, per come astutamente aveva introdotto la politica nell’economia.
Ma è stato solo dopo la crisi del 2008, in specie è stato a partire dal triennio 2010-2012, passando dal cosiddetto «Financial Stability Board» per arrivare al «quantitative easing», è stato da qui che la storia ha fatto una svolta tanto occulta (ai più) quanto drammatica: senza rimuovere le cause (finanziarie) della crisi, si è dato inizio a una straordinaria rotazione dell’asse del potere, dai governi e dalla politica, verso il potere magico e ritenuto salvifico della finanza. È stato così che all’interno delle banche centrali, con il ringraziante consenso dei governi, sono apparsi nuovi Picassi che hanno messo i liquidi al posto dei solidi, i debiti al posto dei capitali, i tassi a zero o sotto zero, la magia al posto della realtà. Oggi, con anglo-eleganza, si usa dire che in questo periodo e in questo modo tutto, compresa la spesa pubblica, tutto può essere «monetizzato». E in effetti la massa monetaria è cresciuta da allora per circa 80 trilioni (80.000 miliardi) di dollari o di euro (a scelta). Trilioni che sono stati fatti con una moneta venuta dal nulla, che ormai rappresenta poco più che nulla, che ci porta comunque e, passando attraverso questa crisi, ci sta portando verso il nulla o verso il peggio. Perché, come tutte le cambiali, anche le cambiali diaboliche vengono a scadenza.
«Time is out of joint» (Shakespeare, Amleto). Il crollo del petrolio altera la geopolitica del mondo: dall’Arabia al Nord Africa, dall’America fino alla Russia: riduce le illusioni di potenza, toglie i freni alle migrazioni e altro a cascata. La massa della moneta, gonfiata dalle misure anti-pandemia, è ormai destinata ad essere virtuale e poco affidabile… più o meno come un bitcoin. E questa è una beffa, in un momento in cui la «monetizzazione» della spesa pubblica sarebbe invece davvero necessaria!
Guardando oggi dal presente al futuro vediamo due diversi scenari. Il rischio di un mondo che scivola verso una Weimar, questa volta globale. La speranza di un mondo aperto, che trova infine in sé la saggezza per darsi regole globali. Questo è stato tentato nel 2009, con la scrittura fatta dall’Italia e dall’Ocse di un «Global Legal Standard», la bozza di un trattato multilaterale per un mondo globale. Si noti che qui al punto 4 si prevedevano… «regole per l’ambiente e l’igiene»! Sarebbe saggio che oggi si guardi avanti, anzi indietro e non solo al 2009, saggio che si guardi al sistema delle regole commerciali e finanziarie scritte a «Bretton Woods» ancor prima della fine della guerra, nel 1944. È, questa, una strada impervia, ma il fatto che sia tale non la rende certo meno necessaria.