Un crollo del Pil del 9,1%: è questa la ferita che la pandemia di coronavirus lascerà sull’economia italiana nel 2020, secondo le previsioni contenute del World economic outlook dell’Fmi. Il mondo entra in recessione, con una contrazione del 3% per l’anno in corso, seguita da un (incerto) rimbalzo del 5,8% nel 2021. A gennaio, prima dello scoppio del Covid-19, l’Fmi stimava una crescita del 3,3% per il 2020.
Una recessione «drammatica», come la definisce la capoeconomista dell’Fmi, Gita Gopinath: «La perdita cumulata tra il 2020 e il 2021 potrebbe essere di circa 9mila miliardi di dollari, più grande delle economie di Giappone e Germania insieme». Il Pil pro-capite scenderà quest’anno in 170 Stati.
L’Italia è tra i Paesi più colpiti. Nel 2021 il rimbalzo previsto sarà del 4,8%, ma in Europa, solo la Grecia accuserà quest’anno una riduzione del Pil più acuta, con un calo del 10%. Nell’Eurozona, che nel complesso vedrà il Pil ridursi del 7,5% (con ripresa del 4,7% nel 2021), il Fondo raccomanda interventi mirati a sostegno dei Paesi più danneggiati.
Per gli Stati Uniti, la contrazione sarà del 5,9%, alla quale seguirà una crescita del 4,7%. La Cina si salverà dal segno meno, ma la sua crescita si fermerà quest’anno all’1,2%, per poi accelerare oltre il 9%. Gli indicatori relativi a produzione industriale, vendite al dettaglio, investimenti fissi, «suggeriscono che la contrazione dell’economia cinese nel primo trimestre del 2020 potrebbe essere stata dell’8% su base annua».
Nella prefazione al rapporto, diffuso ieri, Gopinath ribadisce che la recessione generata dalla pandemia «non ha precedenti» e fa impallidire quella legata alla crisi finanziaria globale: nel 2009, la flessione fu dello 0,1%. Quella in corso sarà la recessione più severa dalla Grande depressione del 1929.
Ripresa a rischio
Non solo. «Come durante una guerra o una crisi politica, c’è una perdurante e grave incertezza sulla durata e l’intensità dello shock», scrive Gopinath. Le stesse previsioni del Fondo ne risentono, con un’ombra sul rimbalzo atteso per il 2021, che potrà avvenire solo se la pandemia scomparirà nella seconda parte del 2020. Tuttavia, dati «molto peggiori sono possibili e forse addirittura probabili», avvisa l’Fmi, se l’epidemia e le misure di contenimento del contagio dovessero prolungarsi, se l’impatto sulle economie emergenti fosse più severo, se lo stress finanziario fosse persistente, se fallimenti d’impresa e disoccupazione innescassero ondate di panico.
Il Fondo offre tre diversi scenari «peggiori» di quello presentato come probabile. Nel primo caso, l’Fmi ipotizza che ci voglia più tempo del previsto per fermare il contagio: la recessione sarebbe di tre punti più grave rispetto a quella stimata, seguita da un rimbalzo di un punto inferiore nel 2021. Il secondo caso ipotizza, invece, un’altra ondata pandemica nel 2021, che manderebbe in fumo la ripresa auspicata. Il terzo scenario prende in considerazione entrambe le ipotesi: il risultato sarebbe una grave recessione anche per il 2021, con un Pil di 8 punti più basso rispetto al 5,8% stimato.
La risposta alla crisi
«La priorità immediata è contenere» la pandemia, soprattutto aumentando la spesa a sostegno dei sistemi sanitari. Durante il periodo di clausura (lockdown), raccomanda il Fondo, i Governi devono mettere le persone nelle condizioni di provvedere ai loro bisogni e garantire che le imprese possano ripartire rapidamente appena sarà terminata la fase acuta della crisi. Per questo servono politiche di bilancio, monetarie e finanziarie consistenti e mirate. La scorsa settimana, il numero uno del Fondo, Kristalina Georgieva, aveva ricordato che le misure di sostegno messe in atto dai Governi alle prese con la pandemia ammontano nel complesso a circa 8mila miliardi di dollari.
A questi interventi vanno poi sommati quelli altrettanto senza precedenti delle Banche centrali, con iniezioni di liquidità calcolate in almeno 6mila miliardi di dollari. Le autorità, raccomanda il Fondo, devono incoraggiare gli istituti di credito a rinegoziare i prestiti concessi a imprese e famiglie in difficoltà.
In molti Paesi (tra cui l’Italia), la risposta è stata «rapida e significativa», riconosce l’Fmi. Tuttavia, gli interventi dovranno essere rafforzati se il blocco dell’attività economica sarà prolungato o se la ripresa sarà lenta, tenendo sempre in considerazione che gli incentivi pubblici avranno maggior efficacia quando le restrizioni alle attività sociali ed economiche saranno revocate.
La disoccupazione
Lo shock avrà un impatto pesante sul mercato del lavoro. Per l’Italia, il Fondo prevede una disoccupazione in aumento dal 10 al 12,7%. In Portogallo, il tasso raddoppierà a quasi il 14%. In Spagna salirà al 20,8%, in Grecia al 22,3%. L’Eurozona nel suo complesso vedrà i senza lavoro salire al 10,4%, con la Germania virtuosa che resta sotto il 4%.
Drammatico il balzo negli Stati Uniti: dal 3,7% del 2019 al 10,4% del 2020. Al rallentamento dell’attività economica si accompagnerà una generalizzata gelata sull’inflazione, con indici dei prezzi allo 0,2% nell’Eurozona e allo 0,6% negli Usa.
Stress finanziario
In un altro rapporto (il Global financial stability report) diffuso ieri, il Fondo sottolinea che la crisi minaccia «la stabilità del sistema finanziario globale», con una stretta delle condizioni di credito a una «velocità senza precedenti». I mercati emergenti attraversano una «tempesta perfetta», con disinvestimenti per 100 miliardi di dollari.
In generale, aumenta «il rischio che chi ha debiti non sia in grado di far fronte ai suoi impegni, mettendo sotto pressione le banche», la cui solidità, pur rafforzata dopo la crisi del 2007-09, potrebbe essere messa alla prova.