A tutti quelli che si aspettavano un “whatever it takes” alla Mario Draghi, un bazooka sventolato ai mercati sprofondati nel panico per il coronavirus, Christine Lagarde ha risposto: «Non sono qui per un altro “whatever it takes”». La Banca centrale europea ha varato comunque un generoso programma di iniezioni di liquidità. Oscurato però da un errore pesante di comunicazione commesso dalla sua presidente in conferenza stampa e corretto solo successivamente in un’intervista “riparatrice” alla tv.
«Non siamo qui per chiudere gli spread», buttà lì in conferenza stampa Lagarde. Un messaggio micidiale. Proprio nel momento di massima pressione sull’Italia, il Paese più sensibile ai mutamenti nei rendimenti a causa del suo colossale debito pubblico. E che in questo momento si è autoimposto una delle più pesanti quarantene collettive al mondo per proteggersi dal coronavirus. Così l’effetto immediato di quelle parole è di spingere sopra quota 260 lo spread tra Btp e Bund tedeschi.
Solo in seguito si è capito che i 120 miliardi di euro che la Bce ha messo sul tavolo ieri per arricchire entro la fine dell’anno il suo programma di acquisti di titoli di Stato, potranno essere impiegati anche a protezione dei nostri Btp senza il vincolo valso finora del cosiddetto “capital key”. E si aggiungono ai 20 miliardi di euro di titoli che Francoforte sta continuando ad acquistare ogni mese e che ha promesso anche ieri di reinvestire ad ogni scadenza. Nell’intervista tv successiva all’incontro con i giornalisti, Lagarde lo ha spiegato, correggendo dunque il tiro, e ha puntualizzato di essere «totalmente impegnata a impedire la frammentazione in un momento difficile per l’area dell’euro. Uno spread alto causato dal coronavirus è un ostacolo alla trasmissione della politica monetaria ».
In altre parole, la Bce potrà impegnarsi, eccome, a «chiudere gli spread». Per il resto, la presidente della Bce si è mostrata comprensibilmente granitica su una questione di fondo. Spetta ai governi europei, ora, pronunciare il loro “whatever it takes”. Insomma, per usare le sue stesse parole, è ora che Angela Merkel, che Emmanuel Macron e gli altri leader europei «prendano decisioni forti», che «agiscano in modo coordinato », e sventolino il loro bazooka al più tardi lunedì prossimo, quando si riuniranno per l’eurogruppo i ministri delle Finanze. Lo sforzo intrapreso sinora da singoli Paesi, Italia in testa, ha sottolineato, è ovviamente insufficiente a contenere gli effetti del coronavirus che Lagarde definisce «uno shock» per tutta l’area dell’euro.
Non siamo nel 2012, la politica monetaria ha meno strumenti ordinari e straordinari per difendere l’euro. Ma la Bce ha varato comunque un nuovo pacchetto di liquidità, con prestiti a lungo termine, cosiddetti “tltro” con tassi sotto zero, disegnati per favorire il credito alle piccole e medie imprese: «le più colpite dalla crisi», secondo Lagarde. Le banche potranno approfittare di prestiti a un tasso di -0,75%, 25 punti in meno rispetto a quello che pagano sui depositi di liquidità. Le nuove iniezioni di liquidità secondo l’ana lista Lorenzo Codogno, sono «la misura più indispensabile, da parte della Bce».
In piena sintonia con Lagarde, il numero uno della Vigilanza, Andrea Enria, ha annunciato che modificherà i criteri di sorveglianza delle banche – una mossa che potrebbero liberare, secondo prime stime, 100 miliardi di euro di capitale. La Vigilanza consentirà alle banche di operare anche al di sotto dei “cuscinetti” decisi da Francoforte. E cambierà anche i criteri per la definizione del capitale, ampliando ulteriormente i margini di manovra degli istituti di credito.