Separare l’essenziale dal superfluo. Con un unico fine: far restare la gente dentro casa il più possibile. La Lombardia chiede la chiusura di negozi, fabbriche, attività. Tutto tranne l’essenziale, che nell’era del Covid-19 significa cibo e medicine, ossia negozi di alimentari e farmacie. Viene chiesto di limitare anche un diritto essenziale come la mobilità, riducendo al minimo indispensabile bus, tram, metrò, treni e aerei.
Lo chiede il governatore lombardo Attilio Fontana assieme ai dodici sindaci dei capoluoghi di provincia, tra cui quello di Milano, Beppe Sala. «È necessario intervenire in maniera rigorosa perché il sistema sanitario è vicino a un momento di difficoltà», dice Fontana. Un appello accorato, collegiale, trasversale, che mette insieme l’Anci, i sindacati e dove l’ombra del tornaconto politico sparisce di fronte alle realtà dei numeri dei contagiati e dei morti. La risposta del governo però arriverà solo questa mattina tanto che il governatore si lascia andare a un piccolo sfogo: «Forse qualcuno nel governo non ha chiara la situazione in Lombardia, faremo le nostre valutazioni».
Un primo no arriva da Confindustria nazionale, che si dice «preoccupata» dalle richieste «di esasperare le misure di contenimento del contagio». Fontana in tarda serata farà però sapere di aver raggiunto un via libera di massima da Marco Bonometti, presidente di Confindustria Lombardia, sulle modalità che andrebbero «adottate dalle aziende che continueranno a produrre e prendendo atto della disponibilità di altre a sospendere l’attività» . «Andranno rispettate le indicazioni dell’Istituto superiore di sanità e della Regione — spiega il governatore — a partire dalla soppressione di tutti i servizi mensa, dal rispetto delle distanze e dalla fornitura di tutte le dotazioni necessarie alla protezione personale dei lavoratori come guanti e mascherine, così come richiesto anche dai sindacati».
Nella lettera inviata al governo la Regione più popolosa e produttiva d’Italia chiedeva comunque «la chiusura per due settimane di tutte le attività commerciali e artigianali e dei mercati, bar, ristoranti, gelaterie, consentendo il solo servizio a domicilio. A eccezione dei generi alimentari. La chiusura degli uffici e servizi pubblici, salvo quelli che adottano lo smart working e salvo il mantenimento delle funzioni essenziali come i servizi sociali, raccolta rifiuti, polizia locale. La chiusura delle attività professionali e di impresa che non facciano ricorso integrale allo smart working, salvo le attività fondamentali per la produzione di beni e servizi primari (le aziende a ciclo continuo, purché adottino rigorosi controlli e presidi sanitari). Siamo a chiedere che per tali misure, che evidentemente aggravano ancor maggiormente la tenuta dei sistemi economici locali, lo Stato garantisca con certezza e tempestività dei ristori economici alle stesse attività». Quello che aveva chiesto Sala: chiusura dei negozi a fronte di un intervento economico del governo. Come a Hong Kong.