Incassata la fiducia, la maggioranza ha deciso di posporre il voto finale per il decreto sulle intercettazioni a domani, anticipando quindi l’esame del decreto sul coronavirus, come chiesto dall’opposizione.
Nessun problema per la fiducia, che è passata con 304 sì, 226 no e un astenuto. Il nuovo calendario dei lavori messo a punto dalla conferenza dei capigruppo — per consentire l’approvazione del decreto legge coronavirus nella giornata di oggi — prevede il via libera definitivo al provvedimento, nel testo già votato dal Senato, per domani sera. Rivendicano la «vittoria» sia la Lega sia Forza Italia. Per il capogruppo del Carroccio alla Camera, Riccardo Molinari, «è una vittoria della Lega: una decisione logica e di buon senso che poteva essere assunta prima, invece di perdere tempo prezioso». Mariastella Gelmini, capogruppo di Forza Italia, scrive su Twitter: «Prima la salute. Finalmente accolta la richiesta che ho avanzato fin da domenica e che è stata condivisa da tutta l’opposizione. Ogni tanto prevale il buon senso».
Diversi esponenti della maggioranza avevano sostenuto, fino a ieri, che l’inversione del calendario non era necessaria, visto che il decreto sul coronavirus è già stato emanato ed è operante. E che invece bisognava fare in fretta con la conversione del decreto sulle intercettazione, che scade il 29 febbraio. Ma il nuovo calendario, evidentemente, consente di contemperare le due esigenze.
Restano tutte le distanze sul contenuto del decreto, fortemente osteggiato dall’opposizione. Per il deputato di Forza Italia Francesco Paolo Sisto, intervenuto durante le dichiarazioni di voto, «la gravità della contingenza che sta vivendo il Paese non attenua la portata di un provvedimento barbaro: baloccandosi con le norme costituzionali per puro spirito di sopravvivenza, il governo sta consegnando l’Italia ai pm. Il 1 maggio, giorno in cui entrerà in vigore la riforma, non sarà più solo la festa del lavoro ma anche quella delle Procure: mi aspetto cortei di pm che osannano questo scellerato esecutivo. Finora erano un optional straordinario, ora i processi avranno le intercettazioni di serie». In disaccordo, naturalmente Alessandro Zan, del Pd, che rivendica «una sintesi migliorativa» trovata in questi mesi: «Viene vietata la pubblicazione di quelle intercettazioni che nulla hanno a che vedere con l’oggetto delle indagini». Per raggiungere questo obiettivo, spiega, «abbiamo spostato dalla polizia giudiziaria al pm la rilevanza delle conversazioni intercettate. Consentendo ai difensori di accedervi». Il leghista Flavio Di Muro spiega invece: «Nei 200 emendamenti presentati dalle minoranze, cancellati col colpo di spugna della fiducia, c’erano molte proposte di buonsenso che avrebbero messo a riparo il decreto dai profili di incostituzionalità».