La Commissione europea ha lanciato una consultazione sulle regole di bilancio dell’Ue. L’intento è lodevole: l’impianto attuale è troppo contorto. Un’idea che si sta facendo largo è dare un ruolo privilegiato a una direttiva già esistente, la “regola della spesa”, per facilitare comunicazione e comprensibilità. Il risultato, però, sarebbe esattamente l’opposto.
Per capire il motivo, è importante chiedersi perché esistano le regole che impongono limiti al debito e al disavanzo pubblici. In teoria, infatti, dovrebbe bastare la disciplina esercitata sugli Stati dagli investitori, che richiedono tassi d’interesse più alti quanto maggiore è il rischio di default.
La risposta è la stessa di quasi trent’anni fa, quando fu firmato il Trattato di Maastricht: la Germania e i suoi alleati nell’Eurozona temono che i Paesi ad alto debito chiedano alla Banca centrale europea di risolvere i loro problemi stampando moneta e comprandogli il debito, creando così una continua minaccia inflazionistica.
Si può sostenere che sia una paura “tedesca”, ma non è un timore completamente peregrino: una bozza iniziale del contratto di governo fra Lega e M5S conteneva la richiesta alla Bce di cancellare 250 miliardi di debito pubblico, acquistati tramite il quantitative easing . Inoltre, come dimostrato dalla Grecia, un deficit fuori controllo anche in un piccolo Stato della zona euro può causare sconvolgimenti sistemici.
Qualsiasi regola che ponga un determinato limite al debito o al disavanzo pubblico è dunque necessariamente arbitraria, ma realisticamente inevitabile almeno dal punto di vista politico. Il rischio, però, è che una regola del disavanzo obblighi un governo a tagliare proprio quando c’è bisogno di aiutare l’economia, cioè in recessione.
Per ovviare a questo problema, la Commissione chiede ai governi di raggiungere un obiettivo di disavanzo di bilancio depurato dagli effetti del ciclo economico. Questo consente di aumentare la spesa pubblica e ridurre le tasse durante una crisi, salvo chiedere una correzione più forte in un boom economico.
Tale approccio, però, richiede di calcolare “quanto” un Paese sia in recessione, e quindi di stimare un prodotto interno lordo ipotetico contro cui misurare quello effettivo. È un calcolo arbitrario e soggettivo, fonte di diatribe infinite.
Inoltre, nel tempo, le condizioni poste dalla Commissione e dagli Stati membri per ovviare alle rigidità delle regole esistenti (o a possibili escamotage ) sono diventate di una complessità diabolica: centinaia di casi e sottocasi, e di eccezioni a casi e sottocasi.
La complicazione maggiore è che in questo momento vi sono due regole sul disavanzo aggiustato per le condizioni cicliche, costruite in modi diversi. La seconda regola, più recente, è chiamata “regola della spesa”. Essa limita la crescita della spesa pubblica (escludendo quella per interessi e per sussidi di disoccupazione) al netto della crescita delle tasse decisa dal governo. Di fatto è anch’essa di una regola sul disavanzo.
Ci sono indicazioni, sia dalla Commissione sia dall’European Fiscal Board (organo consultivo indipendente), che si voglia dare un ruolo privilegiato alla “regola della spesa”, mantenendo però probabilmente anche la regola gemella sul disavanzo corretto per il ciclo. Entrambe queste scelte sono un errore. La “regola della spesa” non risolve nessuno dei problemi della regola del disavanzo aggiustato per il ciclo: semplicemente calcola il Pil di riferimento in un altro modo, ugualmente arbitrario. Ma, soprattutto, molti sosterranno che questa regola è una nuova misura “neoliberista” decisa dai burocrati di Bruxelles, che mira a limitare la spesa in pensioni o sanità e dunque ridurre il perimetro dello Stato senza alcuna legittimazione democratica. È una interpretazione errata, perché la regola in realtà è sul disavanzo e non sulla spesa pubblica, ma per capirlo bisognerebbe leggersi i complicati manuali della Commissione — una lettura che nessuno affronterà.
Di questi tempi non c’è alcun bisogno di alimentare inutilmente le dietrologie sovraniste di un’euroburocrazia cattiva che vuole imporre la propria visione del mondo a uno Stato sovrano come l’Italia. Inoltre, mantenere due regole quasi identiche sembra fatto apposta per generare litigi, eccezioni e confusione.
Le regole di bilancio europee vanno cambiate, ma non esistono ricette miracolose. Ogni regola ha i suoi pro e i suoi contro: i cambiamenti di facciata peggiorerebbero la situazione. L’unico cambiamento vero di cui l’Eurozona ha bisogno è una drastica semplificazione, iniziando con l’eliminare una delle due regole sul disavanzo, e chiamandole per quello che sono.