L’anno bellissimo ha avuto anche un finale bellissimo.
A dodici mesi di distanza, l’improvvida previsione del premier Giuseppe Conte continua a perseguitarlo.
Nell’ultimo trimestre del 2019, l’economia italiana si è contratta dello 0,3% rispetto ai tre mesi precedenti, il dato peggiore da quasi sette anni. L’anno scorso si chiude così con una crescita annuale di appena lo 0,2%. Era dal 2014 che l’Italia non andava così male.
Sarebbe facile prendersela con il contesto economico sfavorevole e, in particolare, con la guerra commerciale tra Cina e Stati Uniti. Ma è un’ipotesi sbagliata: le rilevazioni dell’Istat ci dicono che le esportazioni nette hanno dato un contributo positivo alla crescita nell’ultimo trimestre, mentre a indietreggiare è stata soprattutto la domanda interna.
C’è dunque un problema a casa nostra, che c’entra solo in parte col resto del mondo. Gli altri Paesi della zona euro stentano, ma molto meno dell’Italia: nel quarto trimestre, Spagna, Belgio e Austria crescono rispettivamente dello 0,5%, 0,4% e 0,3%. Per la Germania, il Pil è previsto in leggero rialzo, così come nell’Eurozona nel suo complesso, dove la crescita ha toccato lo 0,1%. La Francia arretra, ma di uno 0,1%, in parte spiegabile con gli scioperi di fine anno. Quando gli altri arrancano, è l’Italia a fare ancora più fatica.
È facile prevedere che questi numeri saranno preda di polemica politica. La destra attaccherà la nuova maggioranza che, dopo aver accusato Matteo Salvini di aver portato l’Italia sull’orlo del baratro, avrebbe a sua volta spinto l’Italia verso la recessione. Il Partito democratico darà la colpa all’esecutivo gialloverde, visto che il governo Conte 2 era appena entrato in carica alla fine del 2019, e non aveva ancora neppure approvato la sua prima legge di bilancio.
La verità è che la politica economica attuale segna poca discontinuità col recente passato. Le misure cardine del governo di Lega e 5 Stelle — Quota 100 e reddito di cittadinanza — sono state confermate dal Pd. Si è provveduto a un taglio delle tasse per i redditi medio-bassi, ma si è trattato di una riduzione minima. I casi industriali più spinosi — da Ilva ad Autostrade — restano irrisolti, contribuendo a quell’incertezza che rende l’Italia un Paese in cui è molto difficile investire.
Il successo maggiore del secondo governo Conte è stato quello di contribuire a far calare lo spread, ormai sotto i 140 punti base. Uno spread più basso vuol dire miliardi che possono essere usati per tagliare le tasse o aumentare gli investimenti, invece di andare a coprire una maggiore spesa per interessi. Vuol dire anche che l’Italia può permettersi una politica di bilancio un po’ più espansiva, perché non deve temere così tanto il rischio di una crisi del debito sovrano.
Tuttavia, lo spread aveva già cominciato a scendere rapidamente nelle ultime fasi del governo gialloverde — quando Lega e 5 Stelle avevano passato una manovra correttiva senza il minimo scontro con Bruxelles. Inoltre, maggiore spesa pubblica non si traduce automaticamente in una crescita molto più rapida: dipende da come sono usati i soldi. Le scelte del governo restano purtroppo in linea con quello precedente. Il Conte 2 ha appena dato altri 400 milioni di euro in prestito ad Alitalia. I sindacati premono per ulteriori anticipi pensionistici, ed è forte il timore che il governo finisca per ascoltarli.
Il 2020 non si preannuncia semplice. L’accordo tra Cina e Stati Uniti ha riportato un po’ di fiducia tra le imprese, ma non ha smantellato gran parte dell’impianto di dazi messo in campo fino ad ora, né eliminato il rischio di altri conflitti, come tra Stati Uniti e Unione Europea. Il coronavirus avrà un effetto negativo sulla domanda dalla Cina, oltre a danneggiare le catene globali del valore.
Ma a queste difficoltà importate, ci stiamo aggiungendo molto di nostro. Il Pd dice di essere andato al governo con i 5 Stelle per salvare il Paese da una crisi. Dopo la vittoria in Emilia-Romagna, è ora di mostrare cosa sia in grado di fare.