«Se quello che vogliamo è un nuovo umanesimo, quale Paese meglio dell’Italia può dare la spinta che serve?». Il presidente della Pontificia Accademia delle Scienze Sociali, l’economista Stefano Zamagni, raccoglie il senso della maratona di interventi che dal mattino si susseguono nel Sacro Convento di Assisi dove debutta il «Manifesto per un’economia a misura d’uomo contro la crisi climatica», prima di lasciare la parola a Giuseppe Conte.
Il premier non è andato a Davos, dove pure i grandi della Terra hanno discusso di sostenibilità, ma non manca l’appuntamento alla Basilica Inferiore. «Con rispetto parlando per Davos — dice —, Assisi è la culla della cura del Pianeta. È molto importante essere qui».
È un grande giorno per chi da mesi lavora al «Manifesto» che muove dall’Enciclica Laudato Si’ di Bergoglio e porta dritto alla tre giorni di marzo (24-26) dell’Economia di Francesco, con l’arrivo nella città del Poverello di decine di giovani economisti internazionali under 35. Oggi l’età media è ben più alta e questa «comunità» — messa insieme dal presidente della Fondazione Symbola Ermete Realacci e dal direttore della rivista San Francesco Padre Enzo Fortunato con Catia Bastioli (Novamont), Vincenzo Boccia (Confindustria), Ettore Prandini (Coldiretti), Francesco Starace (Enel) — attraversa generazioni non prive di responsabilità in tema di fragilità ambientali e sociali eppure animate da nuova determinazione e con più di un successo da riportare. Indietro, del resto, «non si torna» ripete il custode del Sacro Convento padre Mauro Gambetti annunciando che il «Manifesto» ha già superato le duemila firme.
Alla riflessione sul modello economico che ha portato, come ha scritto il Papa, a far sì che l’urlo della Terra sia anche l’urlo dei poveri, non si sottrae il presidente del Consiglio. «Negli ultimi decenni, soprattutto in Occidente — dice Conte —, è prevalsa l’idea di lasciare il timone dello sviluppo ai soli meccanismi di mercato. Ci siamo convinti che avrebbero arrecato benefici a tutti» . Ma l’angusta visione dell’Homo oeconomicus «non si è rilevata capace di comprendere e di interpretare la complessità del tempo che stiamo vivendo». E alla rapida ascesa «di alcune fasce sociali, decisamente minoritarie, della popolazione ha fatto da contraltare l’aumento drammatico delle disuguaglianze nel reddito» e di coloro «che sono rimasti indietro, esclusi dai benefici promessi dall’evoluzione tecnologica».
Nella sua (applaudita) relazione, Conte trova il modo di rispondere a una domanda della direttrice del Tg3, Giuseppina Paterniti Martello, in tema di Green New Deal e alle parole del presidente del Parlamento europeo David Sassoli sul piano ambientale da mille miliardi annunciato dalla presidente della Commissione, Ursula von der Leyen. «L’Italia — afferma Conte — è perfettamente allineata» agli obiettivi della Ue. Sul contrasto alla crisi climatica, ricorda, il governo ha stanziato 4 miliardi nella manovra.
Ma c’è di più, conclude Conte: «Il nostro Paese ha già una leadership in alcuni ambiti green, a partire dalle rinnovabili, con la stessa vicenda virtuosa dell’Enel, e ancora un grande potenziale da esprimere. Ritrovando le radici profonde della sua cultura solidale, l’Italia può essere avanguardia in un modello di sviluppo integrale». Su due pilastri, solidarietà e innovazione, «possiamo costruire tutti insieme e consegnare ai nostri figli, ai nostri nipoti, un mondo pulito, più sicuro inclusivo e giusto, un mondo — come recita il Manifesto di Assisi — gentile. Gentile nei pensieri, nei comportamenti, nelle parole».