«Un accordo storico. Che porterà crescita economica a entrambi i paesi». Stati Uniti e Cina hanno firmato la pace commerciale che pone fine a 20 mesi di guerra dei dazi. Per Donald Trump, che prepara la sua rielezione, è stato un trionfo politico. Il presidente ha siglato il documento di 86 pagine sulla cosiddetta “fase uno” assieme al vice premier e capo negoziatore cinese Liu He. La Cina si è impegnata ad acquistare almeno 200 miliardi di dollari aggiuntivi di prodotti americani nei prossimi due anni. I capitoli interessati sono l’energia, l’agricoltura, l’industria manifatturiera e i servizi. Il documento dell’accordo è stato diffuso dall’Ufficio del Rappresentante al Commercio Usa, mentre non è ancora stata pubblicata la versione cinese, in attesa della traduzione ufficiale. Ma le due firme in calce all’ultima pagina sono state apposte. A sigillare un successo innegabile per “Tariff man”, come il presidente stesso si definisce per rivendicare i meriti delle sue abilità negoziali, eredità del suo vecchio mestiere di costruttore, traslate alla difficile arte della diplomazia. La firma dell’accordo è stata una vera e propria cerimonia alla East Room, con tanto di banda militare ad accogliere le delegazioni, gli applausi e i ringraziamenti, davanti a 200 personalità.
Il presidente cinese Xi Jinping in una lettera indirizzata a Trump, letta da Liu durante la cerimonia, ha salutato l’accordo: «L’intesa mostra che i due paesi possono risolvere le loro differenze e trovare soluzioni basandosi sul dialogo». Il capo negoziatore cinese separatamente durante la cerimonia ha precisato, per eliminare i dubbi già avanzati da molti, che «Pechino rispetterà tutti gli impegni presi» e che «l’accordo è vantaggioso per entrambi i paesi e per il mondo». Nel documento, più in particolare, è scritto che la Cina si è impegnata ad acquistare prodotti manifatturieri made in Usa addizionali per 77,7 miliardi di dollari nei prossimi due anni. Auto, componentistica, aerei, microchip soprattutto.
Sull’energia (si veda l’altro articolo) Pechino importerà grandi quantità di petrolio, gas liquefatto (Lng), gas naturale (Gpl) e materie prime petrolchimiche americane per 52,4 miliardi di dollari nel biennio. La Cina ha anche assicurato l’aumento degli acquisti di prodotti agricoli per 32 miliardi di dollari aggiuntivi nel biennio che faranno salire il totale dell’export Usa oltre i 40 miliardi di dollari. In ultimo la Cina si è impegnata ad acquistare 37,6 miliardi di dollari dal settore dei servizi.
Gli Stati Uniti dalla loro parte hanno acconsentito a tagliare della metà l’aliquota imposta il primo settembre su 120 miliardi di dollari di merci cinesi, al 7,5%. I dazi del 25% decisi dagli Usa in precedenza su 250 miliardi di export cinese restano in vigore. Tutti i dazi verranno cancellati, secondo Trump, quando e se verrà raggiunto l’accordo sulla fase due. I 160 miliardi di dazi su smartphone, computer portatili e giocattoli che il 15 dicembre l’amministrazione Usa aveva deciso di non applicare, sono sospesi per sempre. Così come le contro-tariffe del 25% sulle auto Usa che Pechino minacciava di applicare sono cancellate in via definitiva.
L’accordo contiene capitoli dedicati alla protezione dei brevetti e dei marchi, con regole più stringenti per combattere la contraffazione e la tutela della proprietà intellettuale. Pechino si è impegnata a garantire l’accesso al mercato alle società straniere e a eliminare i vantaggi nazionali, così come sono previste norme contro il trasferimento forzoso delle tecnologie. Nel capitolo dedicato alle valute, la Cina si è impegnata a non utilizzare la svalutazione del cambio per avvantaggiarsi negli scambi commerciali. Un punto che per anni Pechino si è rifiutata di accettare. Gli Usa a loro volta hanno eliminato lo yuan dall’elenco delle divise accusate di manipolazione del cambio. L’accordo prevede un meccanismo di controllo per evitare le violazioni degli impegni sulle valute. Sulla stessa linea prevista dal nuovo accordo siglato da Usa con Canada e Messico che prevede un monitoraggio mensile dei dati valutari e delle riserve e la possibilità di interventi sui mercati valutari internazionali. Nel settore dei servizi la Cina ha acconsentito infine l’apertura del suo mercato e l’accesso delle aziende americane del settore bancario, assicurativo, finanziario, delle società di consulenza e di rating eliminando tutte le barriere di accesso esistenti.