A partire da luglio arrivano 3 miliardi nelle buste paga di 16 milioni di lavoratori dipendenti italiani. La platea interessata è molto vasta: va da chi guadagna 8.173 euro annui fino a chi tocca i 40 mila euro lordi, il bonus andrà da 1.200 euro annui per chi sta a 8.173 euro fino a 192 per chi guadagna appena sotto i 40 mila euro. Di fatto è un potenziamento e un’estensione del vecchio bonus Renzi del 2014 che si divide in tre fasce, si rafforza e ottiene maggiori risorse: i nuovi beneficiati sono 4,3 milioni di dipendenti. Su questo schema, che diventerà oggetto di un decreto probabilmente fin dalla prossima settimana, ieri il presidente del Consiglio Conte e il ministro dell’Economia Gualtieri hanno presentato ai sindacati il loro piano, ottenendo il via libero definitivo dopo i negoziati dei giorni scorsi.
«A dispetto di quanto ha sostenuto una certa propaganda, è la prova che la manovra riduce davvero le tasse» ha detto il presidente del Consiglio, Giuseppe Conte, durante il vertice di Palazzo Chigi con Cgil, Cisl e Uil. Il premier e il ministro dell’Economia Roberto Gualtieri hanno assicurato che si tratta solo di un «primo passo» per arrivare alla riforma dell’Irpef cui al Tesoro stanno già lavorando. Si profila dunque un riordino generale del sistema fiscale.
In base all’intesa di ieri il vecchio bonus Renzi sarà portato a 100 euro al mese, cioè 20 euro in più dell’attuale beneficio: si tratta quindi complessivamente di 600 euro nel 2020, quando sarà erogato per sei mesi, e di 1.200 euro l’anno nel 2021. La cifra piena, cioè 100 euro, andrà anche ad una nuova platea di circa 750 mila lavoratori dipendenti, oggi esclusi dagli 80 euro, che hanno redditi tra i 26.600 e i 28 mila euro e che passeranno quindi da zero a 100 euro al mese.
Oltre i 28 mila euro – dove scatta la seconda fascia – partirà un meccanismo di “decalage”, che ridurrà il beneficio progressivamente fino a 80 euro al mese per chi ha 35 mila euro di reddito: si tratta di una nuova platea molto consistente di percettori del bonus pari a 2,6 milioni di lavoratori dipendenti. Nella terza fascia tra 35 mila e 40 mila euro – dove i nuovi ingressi nel bonus saranno circa 950 mila – la discesa sarà invece più rapida e si passerà da 80 euro mensili a zero.
Per fare un esempio tra le tante combinazioni: chi starà intorno ai 39 mila euro di reddito lordo avrà un bonus annuale di 192 euro, dunque 16 euro al mese; ma alla base della piramide chi guadagna 8.173 euro l’anno potrà contare su 100 euro al mese.
Alla fine la questione del meccanismo di erogazione, attraverso il bonus o con le vecchie detrazioni, sembra sia stata risolta con un compromesso; ma la soluzione è demandata alla stesura finale del decreto. Per tutti i nuovi beneficiari, cioè 4,3 milioni, lo sconto non dovrebbe arrivare sotto forma di bonus, ma come detrazione fiscale, secondo la versione grillina. La soluzione «mista», non piace però a Italia Viva che con Marattin invoca «soluzioni semplici», cioè tutto bonus. Matteo Renzi plaude all’ampliamento degli 80 euro ma non manca di ricordare che «per sei anni» gli era stata imputato il «bonus elettorale ». Una reazione che irrita il Pd che ricorda come proprio Italia Viva durante l’iter della manovra ha provato costantemente a ridurre lo stanziamento per il taglio del cuneo a favore di altre misure.
L’intervento soddisfa i sindacati: Maurizio Landini parla di «giornata importante» in cui «dopo diversi anni c’è un provvedimento che aumenta il salario netto a una parte dei lavoratori dipendenti ». «Siamo partiti con il piede giusto», dice anche Carmelo Barbagallo, mentre Annamaria Furlan sottolinea il risultato «positivo » anche se «parziale». Frutto, rivendicano i sindacati, delle mobilitazioni messe in campo nell’ultimo anno. L’obiettivo dei sindacati resta la riforma complessiva del fisco, che passi per una «vera lotta all’evasione» e che tenga conto anche di incapienti e pensionati.