I Ventotto apparivano ieri in evidente difficoltà nel gestire l’esplosiva situazione in Medio Oriente, dopo l’uccisione da parte americana del generale iraniano, Qassem Soleimani. Stretti tra la fedeltà atlantica, la paura di ritorsioni terroristiche e il desiderio di calmare le acque, i paesi europei cercavano una posizione che fosse univoca e forte. L’iniziativa comunitaria appariva ancora una volta nelle mani di Germania e Francia.
I ministri degli Esteri europei si riuniranno qui a Bruxelles venerdì in una riunione d’emergenza. Obiettivo: giocare la carta della moderazione. Su cosa tuttavia concretamente potranno mettersi d’accordo è ancora incerto. Riassumeva ieri un diplomatico: «Tra i Ventotto non sembra ci sia né la reale volontà di opporsi agli Stati Uniti, né la reale forza di affrontare l’Iran». Le scelte unilaterali americane stonano con una diplomazia europea più amante dei metodi multilaterali, sia in spirito che in mezzi.
La situazione in Medio Oriente è peggiorata nell’ultima settimana, tra pericolose botte e risposte. Il 30 dicembre, raid americani hanno colpito postazioni iraniane in Siria e in Iraq, in risposta all’uccisione di un cittadino americano qualche giorno prima. Forze vicine all’Iran hanno quindi attaccato l’ambasciata americana a Baghdad. Successivamente, il 3 gennaio, un drone statunitense ha ucciso il generale Soleimani, capo delle milizie al-Quds dei Guardiani della Rivoluzione accusate di attentati anti-americani.
L’Iran ha promesso «dure ritorsioni» contro gli Stati Uniti, e ha annunciato di voler rivedere ulteriormente l’applicazione del trattato anti-nucleare del 2015. In questo senso, Teheran ha deciso di non rispettare più i limiti al numero di centrifughe utilizzate nell’arricchimento dell’uranio. Su Twitter, il ministro degli Esteri Mohammad Javad Zarif ha voluto sottolineare però che la scelta è «reversibile» e che future decisioni dipenderanno «dall’effettiva applicazione dei reciproci impegni».
In un comunicato, il presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen si è detta «profondamente preoccupata» per la scelta iraniana. Francia, Germania e Regno Unito hanno chiesto all’Iran «di ritirare le misure prese». Mentre Berlino e Parigi appaiono sulla stessa lunghezza d’onda, preoccupate dalle azioni e dalle parole americane, stona la posizione del premier inglese Boris Johnson. Il generale Soleimani, ha detto, era «una minaccia per tutti (…) Non piangeremo la sua morte».
Sempre ieri si è tenuta una riunione a livello diplomatico del Consiglio atlantico. Il segretario generale della Nato Jens Stoltenberg ha spiegato che «gli alleati hanno chiesto calma e moderazione». La Nato ha sospeso l’addestramento delle truppe irachene in Iraq e sta preparando eventuali piani di evacuazione, ma senza porre termine alla missione. Secondo le informazioni raccolte qui a Bruxelles, nonostante tutto la riunione ha mostrato segnali di convergenza tra gli alleati europei e gli Stati Uniti.
Nathalie Tocci, direttore dell’Istituto affari internazionali a Roma, sostiene che per l’Europa «è giunto il momento di rispondere in difesa del multilateralismo e del diritto internazionale con i fatti, non solo le parole». Sul tavolo, c’è un meccanismo, per ora infruttuoso, che deve permettere di rilanciare gli scambi economici tra europei e iraniani, aggirando le sanzioni americane introdotte contro Teheran. L’obiettivo è di ridurre l’isolamento dell’Iran, dando al paese ragioni per abbandonare la corsa al nucleare.
A questo proposito, Mosca ha spiegato ieri che la salvaguardia dell’accordo dovrebbe essere «una priorità per tutti». Intanto le cancellerie europee così come l’Alto Rappresentante per la Politica estera Josep Borrell assicurano che vi è in corso un grande lavorio diplomatico. La cancelliera tedesca Angela Merkel ha annunciato che sabato incontrerà il presidente russo Vladimir Putin, mentre il presidente francese Emmanuel Macron sta cercando di prendere contatto con il presidente iraniano Hassan Rouhani.