L’operazione del Pentagono che ha portato all’uccisione del generale Qassim Soleimani è stata coperta dal silenzio assoluto del governo fino all’ultimo. Un manager che aveva una cena con Donald Trump a Mar-a-Lago, nel resort di Palm Beach in Florida, ha raccontato che l’appuntamento è stato cancellato all’improvviso. Il commander-in-chief stava autorizzando il blitz che ha ucciso con un drone il comandante iraniano, colpito nel convoglio dei due veicoli appena usciti dall’aeroporto internazionale di Baghdad. Trump lo ha fatto sapere a suo modo, pochi minuti dopo, mostrando una bandiera americana a stelle e strisce su Twitter. Per quanto chirurgica l’operazione americana equivale a una dichiarazione di guerra. Soleimani, 62 anni, è stato l’architetto di tutte le azioni militari e di intelligence dell’Iran negli ultimi due decenni. Grande manovratore per tentare di accrescere l’influenza iraniana in Iraq, Siria e Libano. Secondo uomo più potente del paese dopo il supremo leader Ali Khamenei, tra i candidati alla sua successione, Soleimani comandava le Guardie della Rivoluzione e le forze di élite al-Quds dal 1998. Era sotto sanzioni americane dal 2007. Nel maggio scorso il Dipartimento di Stato aveva incluso le sue Guardie della Rivoluzione nell’elenco delle organizzazioni terroristiche internazionali: prima volta per un esercito di uno stato sovrano.
In questi anni Soleimani era sfuggito a diversi attentati dei servizi israeliani, arabi e occidentali. La sua morte rischia di generare un conflitto regionale nella polveriera mediorientale. Nel raid è stato ucciso anche il leader dei miliziani iracheni, Abu Mahdi al-Muhandis. Il Pentagono ha fatto sapere che «i militari americani hanno deciso un’azione difensiva per proteggere dagli attentati il personale americano all’estero. Il generale Soleimani era attivamente coinvolto nello sviluppo dei piani per attaccare diplomatici e personale americano in Iraq e in tutta la regione». Più tardi, dopo che il segretario di Stato Mike Pompeo aveva spiegato che la decisione era stata presa sulla base di una serie di informazioni precise raccolte dall’intelligence, si è fatto sentire anche Trump, prima via Twitter, poi parlando dal resort di Mar-a-Lago: «L’attacco – ha detto – è arrivato su mio ordine, Soleimani era la mente dei recenti attacchi contro obiettivi americani in Iraq e dell’assalto all’Ambasciata Usa di Baghdad e stava pianificando attacchi imminenti contro diplomatici e militari statunitensi». Più in dettaglio, funzionari dell’Ammministrazione hanno spiegato che gli attacchi in preparazione erano diretti contro strutture che ospitano americani. «Il regno del terrore di Soleimani è finito», ha aggiunto il presidente, che tuttavia ha detto che gli Stati Uniti non puntano a rovesciare il regime iraniano.
L’autorità suprema iraniana Ali Khamenei ha dichiarato tre giorni di lutto nazionale, che saranno seguiti, ha detto, da una «violenta vendetta» contro gli americani e i loro alleati. Il ministro degli Esteri Javad Zarif ha definito il blitz americano «un atto di terrorismo internazionale» e ha promesso una risposta «in qualunque momento e con qualunque mezzo». Nell’arco della giornata Stati Uniti e Iran si sono anche scambiati messaggi riservati attraverso l’incaricato di affari svizzero, che rappresenta gli interessi americani a Teheran.
Trump, nell’anno elettorale appena iniziato, con il voto per l’impeachment ancora pendente in Senato, l’ultima cosa che vuole è quella di restare invischiato in una guerra. Ma la sua mossa denota una mancanza totale di strategia in Medio Oriente, tra disimpegno, blitz militari e gli invii aggiuntivi di migliaia di militari nell’area appena annunciati: circa 3mila uomini secondo fonti riportate da Reuters. Il Dipartimento di Stato in queste ore invita i cittadini americani in Iraq a lasciare il Paese. Dozzine di persone che lavorano nelle società petrolifere straniere nella zona di Bassora stanno partendo. Anche Israele si prepara a rispondere ai raid aerei iraniani: alcuni tra i più popolari siti turistici del Paese sono già stati chiusi. In Occidente l’allerta è massima. Negli Usa le reazioni politiche sono opposte. I repubblicani salutano il successo del blitz. I democratici temono le conseguenze del raid. «Trump ha appena lanciato un candelotto di dinamite in una polveriera», ha detto l’ex vicepresidente Joe Biden. «Questa azione è stata presa senza consultare il Congresso», afferma in una nota la speaker della Camera Nancy Pelosi.