In termini militari si parlerebbe di escalation. E la metafora non è una forzatura. Perché ormai è scontro aperto tra il governo e Aspi, Autostrade per l’Italia, che gestisce in concessione anche il tratto del ponte Morandi di Genova. Nonostante le resistenze di Italia viva, il governo tiene la linea sulla norma inserita nel decreto legge Milleproroghe che riscrive le regole per l’indennizzo da pagare alle società in caso di revoca della concessione. Per Aspi la somma da versare non sarebbe più di 23,25 miliardi di euro ma scenderebbe a 7 miliardi, pari alla cifra iscritta a bilancio per gli investimenti non ammortizzati. Il decreto è stato approvato sabato scorso con la formula del salvo intese, cioè non ancora chiuso proprio per la contrarietà del partito di Matteo Renzi. Non deve ripassare in consiglio dei ministri, anche se nella seduta di ieri se ne è parlato. E nelle prossime ore dovrebbe essere inviato al Quirinale per entrare subito in vigore e poi essere trasmesso alle Camere per la conversione in legge. Ma Autostrade per l’Italia, con la holding Atlantia che ieri ha perso in Borsa il 4,8%, gioca d’anticipo.
Come aveva già annunciato la notte precedente, ha mandato una lettera al governo in cui annuncia l’intenzione di risolvere il contratto proprio perché la norma voluta dal governo, a suo giudizio, fa in modo che ci siano «i presupposti per la risoluzione di diritto». In questo caso l’indennizzo andrebbe calcolato con le vecchie regole: non 7 ma 23,25 miliardi. Per ora è un annuncio, non un passo formale. Aspi vuole aspettare la conversione in legge del decreto al Senato, dove il no dei renziani potrebbe essere decisivo. Ma la società sottolinea che le vecchie regole per l’indennizzo siano simili a quelle previste per altre grandi società che hanno concessioni pubbliche, come Terna. E che la convenzione è stata giudicata «immodificabile unilateralmente» dalla commissione europea nel 2008.
Dal governo, però, parlano di «minacce inaccettabili». E questo scontro aperto ha fatto ormai saltare le residue possibilità di un accordo che nelle settimane passate sembra possibile, con il governo che aveva chiesto ad Aspi non solo di rilanciare gli investimenti, su Genova, Bologna e per le realizzazione di diversi tratti di terze corsie, ma anche di introdurre sconti per i pendolari che usano abitualmente l’autostrada. Adesso il fossato sembra incolmabile. Non a caso Luigi Di Maio torna a dire che il «minimo che possiamo fare è togliere la concessione ai Benetton». Aggiungendo che «questa non è la linea del M5S ma del governo». E una sponda arriva anche dalla Corte dei conti secondo cui «bisogna trovare un equilibrio tra profitto e interesse pubblico».