Vincenzo De Bustis, a quasi settant’anni, ha fatto il suo ritorno nella Popolare di Bari all’inizio del 2019 dopo quattro anni di assenza. Ne era stato direttore generale (2011-2014), ne era uscito ed è tornato prima come consigliere con delega al rilancio e, da settembre, come amministratore delegato. In quei panni va di fretta. La banca ha bisogno di un aumento di capitale in tempi stretti. Prima ancora però sta avviando un’azione di responsabilità molto pesante contro i manager passati.
De Bustis, quanto può continuare ad operare la banca senza aumento?
«Non può continuare. Ha bisogno di una ricapitalizzazione immediata, tanto più rapida dal momento che deve avvenire in un approccio di piena trasparenza che inciderà ancora di più sul patrimonio. Occorrono fra 800 milioni e un miliardo. La banca ha crediti deteriorati (non performing exposures, npe) per il 25-26% del portafoglio. Il costo del credito ha superato ogni misura accettabile».
Come si è arrivati a tanto?
«La banca ha perso un miliardo di euro e lo si può attribuire per una parte alla recessione ma un’altra a una gestione creditizia al di fuori delle regole, negli ultimi tre o quattro anni. Gli stessi revisori di Pwc hanno registrato un aggiramento delle norme. Abbiamo montagne di documentazione al riguardo».
Lei è stato direttore generale della Bari fino a fine 2014. Non sapeva nulla?
«Negli ultimi tre o quattro anni non ci sono stato. E non è un caso che abbia lasciato. In questi ultimi tre o quattro anni di mala gestione hanno prevalso vere e proprie patologie, con un processo decisionale concentrato in un’enclave ristretta che ha tenuto il vecchio consiglio d’amministrazione e il collegio sindacale all’oscuro di quanto avveniva. I verbali del comitato crediti erano addomesticati, non veritieri, redatti ad uso e consumo di quella enclave».
Sono accuse gravi. È andato in Procura?
«Io mi occupo dei danni all’azienda e al patrimonio dei soci e intanto teniamo informate le autorità, inclusa la Banca d’Italia. Quest’anno avrò fatto decine di riunioni in Via Nazionale. Oggi (ieri per chi legge, ndr) il comitato pianificazione del consiglio ha deciso di mettere in agenda al consiglio di giovedì l’avvio dell’azione di responsabilità. Mi aspetto che passi senza problemi».
A quanto ammontano le perdite contestate?
«Centinaia di milioni. Ed è solo l’inizio, altro arriverà. Per esempio a inizio 2018 la banca ha ceduto crediti deteriorati per 1,5 miliardi, ma dov’è finito il beneficio patrimoniale che avrebbe dovuto esserci? Sembra che non si sia recuperato niente. Chiedetelo alla Guardia di Finanza».
Come pensa di rilanciare un’azienda in questo stato?
Oggi i dipendenti sono circa tremila. Ci sono circa 800 esuberi ma saranno gestiti senza far perdere lo stipendio a nessuno
«Si può fare. Da inizio settembre, quando è iniziata la mia gestione, la banca è operativamente in pareggio, anche se la struttura è disorientata e la gestione povera di innovazione e creatività. Ma se messa a lavorare, i risultati arriveranno».
Prima bisogna trovare chi sottoscrive l’aumento…
«Stiamo già parlando con investitori istituzionali, ma possono entrare solo dopo un rigoroso processo di riconoscimento delle perdite».
Fra questi investitori c’è anche il Mediocredito Centrale (Mcc), controllato dal Tesoro attraverso Invitalia, accanto all’intervento temporaneo del Fondo Interbancario (Fitd)?
«Non sono in grado di dirlo adesso. Può esserci una combinazione pubblico-privato, magari sullo schema di Carige. In ogni caso le operazioni si fanno a condizioni di mercato, non c’è altro sistema».
Ridurrete il personale?
«In tutte le banche c’è un 20-25% di dipendenti di troppo. Noi ne abbiamo circa tremila e dovremo ridurli di circa ottocento. Ma io non ho mai licenziato nessuno, solo i ladri. Stiamo lavorando a un’ipotesi di piano che non crei turbative sociali e non faccia perdere stipendi».
Gli azionisti della Popolare di Bari perderanno tutto?
«Cercheremo di renderli partecipi dei margini positivi che emergeranno da una bad bank che assorba ai giusti prezzi i crediti cattivi della banca».
Lei è indagato per ostacolo alla vigilanza per un vecchio aumento della Bari e le si contesta di aver voluto vendere a fine 2018 un bond a una sconosciuta società maltese.
«Quest’ultima operazione non è mai avvenuta. Quando a quell’aumento, mi pare tutto chiaro. Ci sono le certificazioni di Pwc e Banca d’Italia ha fatto ripetute ispezioni».