«Surreale. Prende le distanze da Autostrade. Ma vi pare possibile? È ridicolo». Se Luciano Benetton, con la lettera inviata ad alcuni quotidiani, sperava di ottenere comprensione per lui e per la sua famiglia, le parole di Luigi Di Maio (e il silenzio del Pd) hanno sgomberato il campo da ogni illusione. Il ministro degli Esteri e capo politico del M5S letta ieri mattina la missiva di Benetton ha replicato attraverso Facebook: «È normale che a un anno e mezzo di distanza dalla tragedia del Ponte Morandi, l’uomo che per primo si è arricchito alle spalle degli italiani chiudendo un occhio sui mancati interventi di manutenzione da parte della sua società, oggi si improvvisi in un appello alla pace e al bene? ».
Insomma, lo stop alla «campagna d’odio scatenata contro la nostra famiglia» invocato dal numero uno della famiglia Benetton, è rimbalzato contro il muro del governo. L’esecutivo si appresta a procedere con la revoca della concessione ad Autostrade o, in alternativa, con un accordo “compensativo” che impegni la controllata di Atlantia ad un sostanzioso e duraturo taglio dei pedaggi. Piano B, quest’ultimo, preso in considerazione dall’esecutivo qualora la valutazione dei rischi di pesanti indennizzi a carico dello Stato rendesse meno consigliabile la revoca.
A differenza di altre questioni ed emergenze, sul caso Autostrade il governo sembrerebbe compatto, anche se ieri a Benetton hanno replicato solo esponenti pentastellati (oltre a Di Maio, il viceministro allo Sviluppo Economico, Buffagni, il capogruppo alla Camera, Silvestri, e l’ex ministro Toninelli. D’altro canto è di mercoledì scorso la presa di posizione della ministra dei Trasporti Paola De Micheli (Pd), decisa a «non fare sconti a interessi privati». Concetto ribadito anche dal premier Conte.
Le parole di Luciano Benetton hanno lasciato l’amaro in bocca anche al management di Atlantia, la holding controllata dalla famiglia veneta al 30,25% attraverso la finanziaria Edizione e che controlla a sua volte Autostrade per l’Italia. Se è vero che i Benetton sono il primo, ma non l’unico azionista di Atlantia – e a cascata di Autostrade – è anche vero che Edizione ha sempre indicato, votato e quindi contribuito a designare con il meccanismo del voto di lista ben 13 su 15 dei membri del consiglio d’amministrazione di Atlantia. C’è anche chi fa notare che all’epoca del crollo del ponte Morandi il presidente di Autostrade per l’Italia (Aspi), quello di Atlantia e quello di Edizione erano la stessa persona, ovvero Fabio Cerchiai, un manager tanto vicino ai Benetton che oggi – dopo le dimissioni forzate di Giovanni Castellucci da amministratore delegato di Atlantia lo scorso settembre – ha assunto anche incarichi esecutivi che prima non aveva. Qualcuno legge invece le accuse di Luciano verso il management come destinate “solo” a Castellucci, storico amministratore delegato, che dall’aprile del 2005 al settembre del 2019 è stato ai vertici del gruppo leader italiano delle infrastrutture. Ammesso che un uomo solo potesse aver tutto quel potere all’interno delle aziende , da Aspi a Spea, e ne avesse tanto da influenzare perfino le scelte dell’intero cda di Atlantia, dove la famiglia veneta era rappresentata direttamente da Gilberto, e indirettamente dai manager di Edizione, la domanda che in molti si fanno è come hanno potuto i Benetton dargli carta bianca senza considerarsi poi in qualche modo responsabili del suo operato.