Aumenta il pressing del Governo sulla «caducazione» della concessione ad Autostrade. L’iter avviato dopo il crollo del ponte Morandi a Genova «è in dirittura d’arrivo e non faremo sconti», ha confermato ieri il premier Giuseppe Conte. In perfetto asse con il nuovo arrembaggio da parte del M5S. Oltre a Luigi Di Maio e a Stefano Patuanelli è sceso in campo Beppe Grillo, condividendo un post sul blog delle Stelle che inaugura “Autostrade Story”: un viaggio sulla storia della concessione «ottenuta dai Benetton più di 20 anni fa – scrive il comico genovese – a condizione di favore senza uguali. È tempo di cambiare». Conte ha sposato la linea («Capisco Grillo e Di Maio») e ha definito il procedimento amministrativo avviato come «molto laborioso». Ma al di là delle dichiarazioni, la strada che il Governo potrebbe scegliere di imboccare è quella legislativa: un provvedimento che cancelli la legge 101/2008 dell’epoca Berlusconi con cui le convenzioni sono state “blindate” (si veda Il Sole 24 Ore di ieri). Un passaggio a Palazzo Chigi sembra scontato e perde quota l’ipotesi di un decreto interministeriale Mit-Mef, che sarebbe per altro impugnabile davanti a Tar e Consiglio di Stato.
Ancora incerto il destino della tratta gestita da Aspi in caso di addio: tornerebbe ad Anas? Porterebbe a una gara? Su questo nessuna indicazione per ora ma oggi la questione potrebbe essere affrontata nel vertice di maggioranza. La ministra delle Infrastrutture, la dem Paola De Micheli, da giorni non esclude l’ipotesi della revoca, negando però che il Pd si sia appiattito sulla linea M5S: «Non è una questione politica, ma di difesa, la migliore possibile, dell’interesse pubblico. Una questione che dovremo analizzare bene e gestire con intelligenza». Al Mit, per altro, è aperto il tavolo tecnico sull’altra questione della revisione della concessione sull’onda della riforma tariffaria dell’Art. Finora il confronto non ha dato risultati.
Di certo c’è che l’Esecutivo è convinto di potersi appigliare alle gravi inadempienze di Autostrade (Atlantia, la holding a cui fa capo Aspi, ieri ha ceduto in Borsa lasciando sul terreno il 2,4%) e soprattutto alla nullità della controversa clausola contenuta all’articolo 9 bis della convenzione, che riconosce alla società il diritto a un indennizzo nel caso di revoca anche per inadempimenti, pari all’utile attuale calcolato fino alla scadenza. Una cifra stimata intorno ai 23 miliardi di euro. Conte ha accennato al fatto che durante la faticosa istruttoria sono emersi «altri elementi di valutazione». Pesano i rilievi della procura di Genova che accusa Autostrade per l’Italia, oggi guidata dal neoamministratore delegato Roberto Tomasi, di aver falsificato le carte per nascondere le sue «gravissime inadempienze» sulla sicurezza di alcuni viadotti.
La polemica politica non risparmia altri concessionari. La Lega è partita all’attacco del M5S sostenendo che «si rende complice di un regalo milionario» al gruppo Toto, che gestisce le autostrade A24 e A25: «Una proroga al 2030 inserita nel decreto terremoto per il versamento di oltre 100 milioni di euro dovuti ad Anas». La società respinge ogni accusa, spiegando come la sospensione delle rate era stata decisa dal Governo Gentiloni per ottemperare a una sentenza del Tar Lazio che imponeva di sanare il mancato finanziamento delle opere straordinarie di messa in sicurezza anti-sismica imposte dal Mit fuori concessione. E che anche la proroga attuale dipende dal riconoscimento a Strada dei Parchi di mancati incassi.