Ormai sono un movimento. Spontaneo, per ora. Le Sardine. Dopo la manifestazione di Bologna, di due settimane fa, hanno riempito altre piazze. In Emilia-Romagna, ma anche altrove. In Piemonte, in Veneto.
Nel Sud, fino in Sicilia. E le iniziative non si fermano. Anzi. La risposta popolare, l’attenzione pubblica, il rilievo sui media si allargano.
Così, è probabile che le Sardine si insinuino in altre lagune, in altre piazze. L’interesse nei loro riguardi è confermato dall’atteggiamento di Matteo Salvini. Primo e principale “bersaglio” delle Sardine. In polemica contro il messaggio e le politiche leghiste. E, dunque, contro l’intolleranza e la xenofobia. L’ostilità verso lo straniero. Matteo Salvini, da parte sua, ha reagito diversamente, rispetto ad altre occasioni. Ha scelto l’ironia, il sarcasmo. Opponendo i “gattini” alle sardine.
Ha preferito, dunque, evitare la polemica diretta.
Salvini, d’altronde, conosce bene le logiche della comunicazione. Ogni sua scelta, ogni sua azione è verificata e orientata insieme alla sua “macchina da guerra mediatica”.
La “Bestia”. Guidata da Luca Morisi. Così ha scelto di non fare da amplificatore alle Sardine, che oggi nuotano in spazi delimitati. Ma potrebbero diffondersi ovunque. Peraltro, i volti delle Sardine e la biografia dei loro “promotori” delineano un profilo diverso rispetto ad altri movimenti, più o meno recenti. Sono giovani, ma non giovanissimi. Esprimono un indirizzo “politico”, ma non “partitico”. Richiamano, per questo, alcuni soggetti che si sono imposti negli ultimi anni. Il M5s, in particolare. Ma, aggiungerei, la stessa Lega di Salvini.
Ben diversa e lontana dalle Leghe regionaliste delle origini. E dalla Lega Padana di Bossi e Maroni. La Lega di Salvini è, dichiaratamente, Nazionale e di Destra. Come il Front — oggi Rassemblement — National, guidato dall’amica Marine Le Pen. Attori politici che riflettono e amplificano il disagio democratico diffuso nel Paese. Le Sardine segnalano lo spaesamento di settori sociali — generazionali — che faticano a riconoscersi nei principali attori del sistema politico. A destra. Ma anche a sinistra. Al governo.
E all’opposizione. Il paesaggio politico, d’altra parte, è troppo fluido per offrire riferimenti e luoghi. Stabili e sicuri. Così si spiega questa mobilitazione imprevista e imprevedibile. Sicuramente non organizzata. Fin qui. In parte, questi giovani avevano partecipato alle manifestazioni per il clima, rispondendo all’appello di Greta Thunberg. Ma, in questo caso, Greta e il clima c’entrano poco. C’entra, semmai, il “clima politico”. Globale e, soprattutto, nazionale. E c’entra, ancor più, lo spaesamento di componenti sociali che non trovano ancore né orizzonti. Il disagio di giovani non più giovanissimi. E non ancora adulti. Mattia Santori, Roberto Morotti, Giulia Trappoloni e Andrea Garreffa, i principali animatori e promotori della manifestazione di Bologna, hanno intorno a 30 anni. Nelle indagini socio-demografiche vengono, spesso, classificati come “giovani adulti”. Cioè: né giovani, né adulti. Oppure: quasi adulti, ma ancora giovani.
D’altronde, i confini tra generazioni si sono scoloriti e confusi, negli ultimi tempi. La giovinezza si allunga sempre più.
Secondo gli italiani (Osservatorio Demos, 2007), dura fino a cinquant’anni. Mentre si accetta di essere vecchi oltre gli 80.
Praticamente: dopo la morte… In altri termini, ci consideriamo giovani sempre più a lungo.
E spostiamo l’età adulta sempre più avanti. Così emergono le “generazioni ibride”. Che vivono una transizione in-definita.
È questa, a mio avviso, la condizione dei “giovani adulti”.
Quelli che, in questi giorni, riempiono le piazze. Schiacciati come Sardine. Abili a organizzare flashmob . Mobilitazioni improvvise. Una generazione globale, si dice. E digitale.
Sempre connessa, con lo smartphone e il tablet. Ma, per questo, minacciata dalla solitudine. Perché, in Rete, sei sempre con gli altri. Da solo.
Le Sardine: cercano ragioni e occasioni di visibilità. Ma, prima ancora, per stare insieme agli altri. Per trovare la propria identità. Per uscire dalla “periferia”. Fra una generazione e l’altra. I “giovani adulti”. Consapevoli che, per fare carriera nella professione, se ne debbono andare dall’Italia (2 su 3).
Come effettivamente avviene. Ma, al tempo stesso, convinti che sia possibile e necessario “progettare il futuro” (2 su 3).
Anche perché il futuro ce l’hanno davanti e non dietro le spalle, come la maggioranza della popolazione. I “giovani adulti” sono alla ricerca di piazze e di luoghi dove riconoscersi e farsi riconoscere. Evocando l’accoglienza. Senza ri-cadere nelle paure, che oggi ispirano il messaggio politico dominante. Perché insieme, animati da speranze, si sta meglio che soli e impauriti.
Le Sardine. Non è chiaro per quanto continueranno a nuotare nelle nostre piazze. Ma non penso che saranno i “gattini” a divorarle. È più facile, semmai, che trovino altri luoghi e altri modi per esprimersi. Tanto più se queste mobilitazioni permetteranno loro di trovare un’identità più precisa e decisa. E se i “giovani adulti” diverranno “adulti”, senza rinunciare alla curiosità e all’inquietudine che pervadono la giovinezza.