Il presidente del Consiglio Giuseppe Conte spiega che «il Movimento 5 Stelle in questo momento è in una fase di transizione». E aggiunge, molto ottimisticamente, che «dobbiamo dare un attimo di tempo per passarla». L’«attimo di tempo» rischia di prolungarsi un bel po’, visto che persino Luigi Di Maio dichiara «difficile» la situazione. E che il momento non sia tranquillo lo dimostra anche l’incursione di Beppe Grillo, arrivato a Roma per fare il punto. Nessun incontro con il capo politico, che è in Sicilia per comizi, ma una visita, oggi, all’ambasciata cinese. A far precipitare la situazione, la decisione improvvisa di mettere al voto su Rousseau la partecipazione o meno alle Regionali di Emilia-Romagna e Calabria (dove il candidato dovrebbe essere Francesco Aiello). Di Maio era ufficialmente, anche se tiepidamente, per il no, non per una «desistenza» con il Pd ma per «una pausa di riflessione» in vista dei futuri stati generali del Movimento. Il sì, con partecipazione scarsa, era scontato, ma invece di placare gli animi, li ha esacerbati.
Di Maio, che alcuni considerano «sconfessato» dal voto, sembra contento: «Il voto è stato un grande esercizio di democrazia. Il messaggio arrivato è un no a tatticismi e un no alle manovre di palazzo». Nel Palazzo ora c’è lui, però, sono dettagli. Anzi, non lo sono, visto che in serata, da Sciacca, spiega: «Stando al governo abbiamo perso il contatto con la gente». Il Movimento è in uno stato confusionale e mai come ora si sentono voci critiche. Roberto Fico, nel suo ruolo istituzionale, non sconfina in un attacco diretto, ma spiega che è «urgente un momento di riflessione importante sull’organizzazione, sui temi, sull’identità e sul posizionamento». Di Maio, nel frattempo, si arrocca sul no al Pd nelle alleanze, spiegando, senza essere troppo convincente, che «non si tratta di un voto di fiducia sul governo», che quindi non è a rischio neanche nel caso di sconfitta dei dem. Più di una voce chiede di rimettere in discussione il no ad alleanze, come Giorgio Trizzino: «Dobbiamo fare fronte comune contro Salvini». E come Roberta Lombardi, che rivolta contro Di Maio l’arma della piattaforma: «Bisogna tornare a votare su Rousseau per decidere se l’M5s dovrà correre da solo in Emilia-Romagna e Calabria o in coalizione».
Tra i critici si fa sentire il sottosegretario Carlo Sibilia, che dice no agli stati generali con toni irridenti: «Quelli li può fare la Dandini su Raitre». E poi aggiunge: «Abbiamo un gruppo dirigente? Se c’è legittimiamolo attraverso una votazione». Non ce n’è neanche bisogno per Mario Giarrusso, perché «la leadership di Di Maio è giunta al capolinea». Lo dice con altre parole Nicola Morra: «Il voto su Rousseau dimostra che l’uomo solo al comando scoppia, serve un Movimento collegiale e plurale».