Anche i vertici del ministero delle Infrastrutture nel 2015 erano a conoscenza del “rischio crollo” per il Ponte Morandi: di quel documento stilato un anno prima, finora segreto ma sequestrato dalla Guardia di Finanza nella sede di Atlantia e di Autostrade. Alle sedute del consiglio di amministrazione di Aspi partecipa un rappresentante del Mit, membro del Collegio sindacale. E questo organo con il cda ha condiviso “l’indirizzo di rischio basso” per il viadotto genovese, poi crollato il 14 agosto 2018 (proprio ieri il primo incidente nel cantiere del nuovo ponte, con tre feriti lievi).
Autostrade per l’Italia, però, in una nota precisa: «La società non è in alcun modo disponibile ad accettare rischi operativi sulle infrastrutture. Di conseguenza, l’indirizzo del cda alle strutture operative è di presidiare e gestire sempre tale tipologia di rischio con il massimo rigore, adottando ogni opportuna cautela preventiva». E ancora: «Per quanto riguarda l’area dei rischi operativi, nella quale rientrava anche la scheda del Morandi, il cda di Autostrade ha sempre espresso l’indirizzo di mantenere la propensione di rischio al livello più basso possibile».
La concessionaria non smentisce l’esistenza del rapporto svelato da Repubblica , ma sostiene che il rischio fosse solo teorico. Il titolo Atlantia, in ogni caso, comunque ieri in Borsa ha perso il 2,22 per cento. E però i finanzieri del Nucleo operativo metropolitano e del Primo gruppo di Genova, in quello stesso giorno del marzo scorso, hanno sequestrato altre relazioni tecniche a corredo del “catalogo del rischio”. In esse gli ingegneri esprimono preoccupazioni: «L’opera non si riesce a tenere sotto controllo», data l’impossibilità di monitorare gli stralli e i cassoni del viadotto.
Il documento sul rischio crollo già nel 2015 viene sottoposto al vaglio dei cda di Aspi e Atlantia, in concomitanza alla presentazione del progetto di retrofitting (consolidamento) delle pile 9 (quella crollata) e 10. Nel 2017 però avvengono due variazioni di rilievo. La prima: la responsabilità sul Morandi passa dalle Manutenzioni dirette da Michele Donferri Mitelli alla Direzione di tronco di Genova, guidata da Stefano Marigliani (entrambi indagati). La seconda modifica: nel catalogo del rischio non si parla più di “crollo” ma di “perdita di staticità”. Durante gli interrogatori a tutti e due è stato chiesto conto di quei cambiamenti: si sono avvalsi della facoltà di non rispondere.