Il cantiere pensioni è sempre aperto. Su Quota 100 si annuncia battaglia in Parlamento. Ma c’è anche un problema di prospettiva. Che riguarda non solo il dopo Quota 100, visto che al massimo la misura scadrà a fine 2021, ma anche la sostenibilità del sistema previdenziale perché, come spiega l’ultimo rapporto di Itinerari previdenziali presentato ieri, le stime finora elaborate dalla Ragioneria generale dello Stato sull’evoluzione della spesa pensionistica in rapporto al Pil, sono «ottimistiche» alla luce della prolungata stagnazione (mentre gli scenari della Rgs ipotizzano tassi medi di crescita vicini all’1,5%). Critiche non infondate, tanto che anche il capo economista del Tesoro, Riccardo Barbieri Hermitte, intervenuto nel dibattito, ha fatto capire che le prossime previsioni saranno riviste in peggio, alla luce degli andamenti insoddisfacenti della produttività, della natalità e del saldo migratorio.
Sarebbe quindi urgente intervenire, hanno concordato gli esperti (dal presidente del Cnel Tiziano Treu all’economista Paolo Onofri al presidente di Itinerari, Alberto Brambilla) per evitare che nel giro di un ventennio la spesa schizzi ben oltre il picco del 16,2% del Pil previsto dalla Rgs e si avvicini alle stime dell’Ue (18,3%) o del Fmi (20,5%). Ma andiamo con ordine.
Ieri il coordinatore nazionale di Italia viva, Ettore Rosato, ha confermato che il partito di Matteo Renzi presenterà emendamenti alla manovra «contro Quota 100». Ma i 5 Stelle, con la ministra del Lavoro Nunzia Catalfo, alzano un muro: «Escludo del tutto» cambiamenti alle norme che consentono di andare in pensione a 62 anni d’età con 38 di contributi, ha ribadito, rispondendo a chi le ipotizzava che potessero venire da qui le risorse per togliere la plastic tax e l’aumento delle tasse sulle auto aziendali, come vorrebbe Italia viva. Non solo: Catalfo propone che i risparmi su Quota 100 (più di un miliardo quest’anno) siano usati per rafforzare l’indicizzazione delle pensioni. Dal Pd, il sottosegretario all’Economia Pier Paolo Baretta, presentando il Rapporto di Itinerari previdenziali, ha spiegato: «Il governo ha deciso di non toccare Quota 100, anche per non creare polemiche nella maggioranza. E in questo senso è escluso anche qualsiasi intervento sulle finestre nel 2020». L’esecutivo quindi dovrebbe opporsi sia agli emendamenti che chiedono la fine anticipata di Quota 100 sia a quelli che vorrebbero aumentare il periodo di attesa, le «finestre» appunto, tra la maturazione dei requisiti e la decorrenza delle pensioni. Questo però, ha aggiunto Baretta, «non significa che Quota 100 non ci crei un grosso problema, sia perché costa tanto sia perché il governo non intende prorogarla e quindi, se non si fa nulla, dal 2022 ci sarebbe uno scalone», perché non si potrebbe più andare in pensione a 62 anni ma bisognerebbe aspettare 67. Ecco perché, «a gennaio apriremo un tavolo con le parti sociali per studiare nuove forme di flessibilità».