Male oggi, con una produzione che cede lo 0,8%. E peggio in prospettiva, almeno a giudicare dalle commesse, giù di oltre due punti sia in Italia che all’estero.
Gli ultimi dati congiunturali allineano Bergamo (dopo quello di Brescia che ieri denunciava un in primo calo produttivo dal 2013) al mood complessivo della manifattura, trend del resto inevitabile osservando la struttura economica del territorio.
Roccaforte della meccanica, oggi il comparto più penalizzato dalla frenata dell’auto globale. E che patisce al contempo il momento-no del commercio internazionale, carburante chiave per la quinta provincia esportatrice italiana, oggi alle prese con un’esperienza nuova e per nulla gradita: il primo calo delle vendite all’estero dopo 23 trimestri consecutivi in crescita.
Premesse inevitabilmente poco entusiasmanti, quelle messe sul tavolo dal presidente di Confindustria Bergamo Stefano Scaglia nel corso dell’assemblea annuale delle imprese associate. E che tuttavia – spiega – devono rappresentare uno stimolo aggiuntivo per ripartire.
«È nelle situazioni più complicate – ricorda Scaglia – che noi imprenditori diventiamo ancor più fattore di stabilità per il territorio ed il Paese: perché per sua caratteristica l’impresa investe e agisce guardando oltre il lungo termine».
Investimenti e azioni che su base locale si sintetizzano nei due numeri chiave presentati nel bilancio di sostenibilità: l’impatto delle imprese locali sul territorio vale 5,3 miliardi di valore aggiunto e 85mila addetti. Sforzi, ricorda Scaglia, a cui si contrappone una visione politica diversa, una mancanza di pensiero e di idee, di ideali e valori, di una proposta di modello per il Paese. Critiche che coinvolgono Governo e opposizione, bocciando l’idea che la politica possa solo consistere nel chiedere al “popolo” che cosa vuole e che l’unica visione possibile sia quella dettata dalle opportunità elettorali del momento. Serve dunque una svolta, a maggior ragione alla luce delle difficoltà del momento. Cambiamento che parta dall’istruzione, principale antidoto all’ingiustizia sociale, assegnando alla scuola priorità diverse rispetto al passato. «Scuola che oggi – osserva – riceve una frazione delle ingenti risorse destinate a provvedimenti inefficaci come Quota 100 e Reddito di Cittadinanza».
Provvedimenti di carattere recessivo e inefficace nel favorire il tasso di sostituzione tra giovani e pensionati (quota 100)oppure pasticciati (Reddito), non in grado di attivare la fase di avviamento al lavoro. «L’unico strumento per creare lavoro – scandisce Scaglia – è il sostegno alle imprese e alla loro crescita».
Per fermare il rallentamento dell’economia il presidente di Confindustria Vincenzo Boccia chiede di «accelerare su quella che abbiamo definito una politica anticiclica, a partire dalle infrastrutture» . «Lo stiamo dicendo da tempo – ha detto Boccia a Bergamo – non è una questione solo dell’industria lombarda, è una questione complessiva» . «Il rallentamento dell’economia cosiddetta globale, la recessione in Germania, il rallentamento del Mezzogiorno, il calo degli ordini nel nostro Nord, a partire dalla Lombardia e dal settore dell’auto – ha proseguito Boccia – era evidente che avrebbe determinato un rallentamento» .
Da qui «la premura con la quale stiamo dicendo da tempo: apriamo una riflessione su quelli che sono gli effetti sull’economia reale che vogliamo realizzare e cerchiamo di accelerare sulle misure di politica anticiclica».
Se il quadro a Bergamo non è esaltante, anche il resto della Lombardia non festeggia. E anche se nel terzo trimestre la produzione in media lievita dello 0,9%, nella media del 2019 (analisi congiunturale di Unioncamere Lombardia e Confindustria Lombardia) le regione cresce appena dello 0,3% un decimo del progresso 2018. Con ordini interni ed esteri quasi fermi, un saldo occupazionale nullo, attese negative sia per la produzione futura che per la domanda.
E con le maggiori aree della meccanica e dei beni strumentali a pagare dazio al rallentamento globale: nei primi nove mesi del 2019 la produzione di Monza-Brianza, Bergamo, Brescia e Lecco arretrano mediamente di un punto e in terreno negativo è anche Varese. «Spero di essere smentito – spiega il presidente di Confindustria Lombardia Marco Bonometti – ma si sta fermando il cuore manifatturiero della nostra Regione. Se non si faranno interventi straordinari per il rilancio dell’industria, rischiamo la deindustrializzazione del nostro paese.
A livello nazionale i casi Ilva e Plastic tax sono l’emblema della totale mancanza di visione industriale da parte della politica: dalla Lombardia si alza un grido di allarme per la produzione industriale in continua caduta».