Era nell’aria, ma ieri ArcelorMittal ha notificato ufficialmente ai commissari straordinari dell’Ilva la volontà di recedere dall’accordo di un anno fa (31 ottobre 2018) per l’affitto e il successivo acquisto del gruppo Ilva. La decisione del colosso franco-indiano, dallo stesso messa in relazione con la norma inserita nel decreto imprese con la quale è stata cancellato lo scudo penale contro i reati ambientali per i manager di ArcelorMittal impegnati nella realizzazione del piano industriale, ha sconvolto l’agenda dell’esecutivo. «Per questo governo la questione Ilva ha massima priorità — dice il premier, Giuseppe Conte —. Faremo di tutto per tutelare investimenti, livelli occupazionali e per proseguire il piano ambientale».
Il ritiro di ArcelorMittal apre una prospettiva di incertezza per i dipendenti dell’Ilva, a partire dagli 8.200 dello stabilimento siderurgico di Taranto (la più grande acciaieria d’Europa) più altri 3.500 addetti nell’indotto; per i mille dipendenti di Cornigliano, a Genova e per i 680 di Novi Ligure. Immediato lo scambio di accuse tra la Lega di Matteo Salvini e le forze di maggioranza su chi sia il responsabile del venir meno dello scudo penale. «L’emendamento soppressivo dello scudo — attacca Salvini — è a firma M5S, votato da Pd, Italia viva e Leu. Chi lo ha votato dovrebbe avere il coraggio di andare a Taranto a spiegarlo». Ma Pd e Italia viva ribattono che fu il governo Conte 1, sostenuto dalla Lega, a togliere lo scudo messo per la prima volta dal governo Renzi (poi reintrodotto in extremis dall’esecutivo gialloverde e infine di nuovo cancellato due giorni fa).
Ieri pomeriggio il governo ha fatto il punto in una riunione al ministero dello Sviluppo e poi in un vertice a Palazzo Chigi. Al comunicato di ArcelorMittal, che con tono ultimativo chiede «ai commissari straordinari di assumersi la responsabilità delle attività di Ilva e dei dipendenti entro 30 giorni», una prima risposta è arrivata dal ministro dello Sviluppo, Stefano Patuanelli: «Il governo non consentirà la chiusura dell’Ilva. Non esistono i presupposti giuridici per il recesso». E dopo il vertice tra il premier e i ministri ArcelorMittal è stata convocata a Palazzo Chigi: fissato inizialmente per oggi alle 16, ieri notte è slittato a mercoledì.
Nel suo comunicato il gruppo franco-indiano chiama in causa non solo la decisione del Parlamento di eliminare la protezione legale «necessaria alla società per attuare il piano ambientale senza rischio di responsabilità penale», ma anche i provvedimenti del tribunale di Taranto che prevedono lo spegnimento dell’altoforno 2, se i commissari non completeranno determinate prescrizioni entro il 31 dicembre, termine che gli stessi commissari hanno già detto di non essere in grado di rispettare. Lo spegnimento dell’altoforno, sottolinea la società, «renderebbe impossibile attuare il piano industriale». A questo punto governo e maggioranza devono valutare se ripristinare con un decreto legge lo scudo penale e superare le altre criticità evidenziate dal ArcelorMittal, ma cercano anche di capire se dietro la decisione di recedere dall’accordo non vi siano solo la «situazione di incertezza giuridica e operativa», ma anche ragioni non esplicitate ma altrettanto importanti, come la crisi del mercato dell’acciaio, legata a quella dell’auto, che potrebbe aver indotto il colosso franco-indiano ad abbandonare, dopo appena un anno, il progetto di acquisizione dell’Ilva. I sindacati dei metalmeccanici hanno convocato per stamani il consiglio di fabbrica a Taranto. Dove la tensione è alta.