«Fortuna». In due ore di colloquio nei laboratori Brembo del Kilometro Rosso ripete più volte, «abbiamo avuto fortuna». Fa parte del personaggio che, a richiesta, spiega che «del (nostro) successo devono semmai parlare gli altri». Ora, immaginare che Alberto Bombassei, classe 1940, 79 appena compiuti, capitano d’industria nel mezzo di un piano assai articolato di successione e svolta del gruppo numero uno dei freni al mondo, si esprima così per ritrosia o timidezza sarebbe quantomeno ingenuo. Chiamato in causa da leader e rappresentante dell’industria manifatturiera made in Italy, campione tra i campioni, in occasione dell’incontro dei Champions de L’Economia e ItalyPost, Bombassei accetta di buon grado di spiegare successo e fortuna. Fortuna, dice Bombassei. Eppure gli inizi non sono stati facili e nel mezzo ci sono state almeno due grandi crisi. Ed è della scorsa primavera l’annuncio del grande salto, per un «raddoppio di taglia entro 4-5 anni», dopo un passaggio di consegne operative a Matteo Tiraboschi e aver sistemato le cose, con l’adozione del voto maggiorato, che consentirà alla famiglia di mantenere la presa.
A che punto siete?
«La rotta è quella, non si torna indietro. All’operatività pensa Matteo, e sul resto non c’è che confermare che stiamo valutando forme di abbinamento, aggregazione, joint venture o acquisizione. Non necessariamente nella meccanica o nell’automotive. Anzi è più verosimile nelle nuove tecnologie, in direzione di quell’economia digitale dove nascerà l’auto del futuro. E guardandoci attorno a 360 gradi, come è nella nostra storia».
La Brembo-story ha caratteristiche precise. Può essere un modello per i Champions?
«Abbiamo sempre investito, anche nei momenti peggiori, in ricerca e sviluppo. Facevamo e facciamo prodotti tecnologici, e dovevano essere i migliori. Ma li volevamo belli, da non nascondere. Anzi, volevamo si vedessero e lo dicevamo ai nostri clienti. E così le nostre pinze, prima solo rosse poi gialle, con i dischi freni in carbonio ceramico, hanno cominciato a vedersi attraverso le ruote Porsche. Poi ci hanno seguito le case europee, quindi le americane. Ora arrivano anche i marchi asiatici».
All’ombra del campanile, fate cose belle che piacciono al mondo, come diceva lo storico. Soltanto questo? Può valere e basta anche oggi?
«Se ci siamo riusciti noi, noi bergamaschi come anche i bresciani, che siamo cresciuti accanto tante piccole e medie imprese che non necessariamente avevano lo stesso approccio culturale… Poi certo bisogna mettere alcune cose a fattor comune. Quando ho immaginato questa struttura e con Pesenti abbiamo iniziato a ragionarci, qui al Kilometro Rosso, non dico che pensavamo a una scuola, ma certo volevamo affermare concretamente, con dei fatti, il valore e i vantaggi della contaminazione tra università, ricerca e imprese. L’idea era trasferire conoscenza e trasformarla in prodotti. Come ci ripete ancora oggi a dieci anni dalla nascita, dopo aver portato qui 60 imprese e 1.700 addetti, il direttore del parco tecnologico, Salvatore Majorana, un brillante ingegnere siciliano, non per nulla pronipote di Ettore, il fisico di via Panisperna, che ho conosciuto all’Iit di Genova. Del resto con università e ricerca avevamo consuetudine. L’intervento dell’istituto Mario Negri al Kilometro Rosso è stato fondamentale. E ora stanno arrivando eccellenze nazionali della ricerca come l’Enea e l’Istituto Italiano di Tecnologia».
Un altro siciliano illustre è venuto a trovarvi nei giorni scorsi qui al Kilometro Rosso, il capo dello Stato, Sergio Mattarella.
«Il presidente era di ritorno dal viaggio negli Stati Uniti. Aveva tra l’altro visitato la Silicon Valley, incontrato giovani startupper e speso parole importanti a favore di azioni e condizioni che possono sostenere lo sviluppo delle imprese. Ecco qui da noi credo abbia avuto modo di apprezzare la possibilità di realizzare un’eccellenza che però, da questa parte dell’Atlantico, io credo debba restare ancorata alla nostra vocazione manifatturiera, che è anche una costante dell’industria europea, coltivando e facendo crescere start up attive sulle tecnologie della robotica, dell’intelligenza artificiale applicata ai sistemi di produzione e della scienza dei materiali. L’ho detto al presidente: il Kilometro Rosso è la vera sintesi di quanto abbiamo provato a costruire in Brembo negli anni, provando a convincere imprese piccole e grandi che se investi in ricerca e tecnologia hai un ritorno certo».
Con fortuna e impegno. Di quanta fortuna avrà bisogno Fca per trasformare la promessa di matrimonio con Psa in un gruppo protagonista del futuro mercato dell’auto?
«In generale, la concentrazione è nel nostro settore più che un’opportunità un’esigenza. Siamo all’avvio di una fase in cui gli investimenti dovranno essere talmente imponenti che saranno possibili solo per car-makers di dimensioni davvero globali. Il nostro è un mercato che sta avviando una rivoluzione: sappiamo sicuramente che è partita, ma non abbiamo certezza su quale direzione prenderà. Detto questo conosco bene e ho grandissima stima di John Elkann e sono certo che saprà affrontare questa sfida con successo. Fca è ancora un patrimonio del Paese anche grazie al suo lavoro».
*L’Economia, 4 novembre 2019