Prendi uno dei suoi cittadini più celebri, quello che abitava in via Paolo Fabbri 43. «Io e mio marito, Francesco Guccini, siamo abbastanza traumatizzati», dice a nome di entrambi la signora Raffaella Zuccari. «Come altro ci si potrebbe sentire dopo la disfatta della sinistra in Umbria? Le alleanze si possono fare. Ma le cose posticce non funzionano mai. Specie se poi, da alleato, non fai altro che litigare e fare propaganda». Quelli di sinistra sono abbastanza traumatizzati. I 5 Stelle stanno ancora peggio. La Lega sta scegliendo una sede nelle periferie bolognesi per lanciare la campagna elettorale della senatrice Lucia Borgonzoni. Tutti sanno perfettamente che la sfida elettorale per la regione Emilia Romagna del 26 gennaio 2020 sarà decisiva. Per il governo. E per molti destini individuali.
È un giorno di inquietudine per Bologna la rossa. Ma pure per l’altra: Bologna del primo «Vaffa Day» di Beppe Grillo, del primo candidato eletto in consiglio comunale, il grillino che fu Giovanni Favia nell’anno di grazia 2009, cioè esattamente dieci anni fa. Si potrebbe dire che il Movimento 5 Stelle sul campo è nato qui. Nelle ultime elezioni politiche del 2018 il risultato è stato 27,5%: primo partito. E adesso, confrontare quel dato alla luce dell’8% raccolto in Umbria fa paura. Tutto sta cambiando alla velocità della luce.
Ecco spiegate inquietudini e silenzi. Silenzi ordinati dall’alto. «I 5 Stelle dell’Emilia Romagna non parleranno fino all’incontro di Roma con Luigi Di Maio», dice il portavoce regionale Massimiliano Patasso. Ma quello che filtra è chiaro. «È impensabile riproporre l’alleanza con il Partito Democratico per due ordini di motivi. Primo: mentre in Umbria era un candidato terzo, scelto nella società civile, qui ci sarebbe un candidato politico, cioè Stefano Bonaccini. Sarebbe una commistione troppo stretta e innaturale con il Pd». Il secondo motivo? «Non siamo d’accordo su almeno tre temi fondamentali. Gli inceneritori, la sanità – noi ci opponiamo alla chiusura di tutti i punti nascita nei piccoli centri – e poi le infrastrutture: oltre al passante di Bologna, un’opera di interesse nazionale, c’è la Cispadana. E sulla Cispadana deciderà solo la Regione…».
Non si erano mai amati. Anzi, si erano proprio detestati. Questa è la verità. Lo aveva ricordato più volte il sindaco di Bologna, il dem Virginio Merola, prima dell’accordo politico che diede vita al governo Conte 2: «Noi per loro siamo il nemico. Ci offendono ripetutamente. L’unica ideologia che hanno è andare contro di noi». Era il primo di settembre 2019. Molti, a Bologna, sono rimasti dello stesso avviso. Ma non lui, a quanto pare. Non il candidato per le prossime elezioni regionali, il governatore uscente del Pd Stefano Bonaccini. Ieri ha voluto affidare il suo pensiero ad una lunga nota dai toni ottimistici. «In Umbria, l’accordo tra centrosinistra e 5 Stelle ha risposto ad una condizione di emergenza, arrivando ad una candidatura neutra e ad un disarmo bilaterale per rendere possibile l’alleanza. Qui, invece, io posso essere in campo con la mia faccia, la mia storia e con quel che sto facendo. C’è un centrosinistra largo che si apre al civismo… Lo ribadisco: se qui ci sarà un accordo coi 5 Stelle sarà sui contenuti e sul progetto: sono pronto a confrontarmi in qualsiasi momento per verificare insieme le tante cose che ci uniscono e per discutere anche laicamente delle cose su cui non siamo d’accordo».
I 5 Stelle sono in fuga. Bonaccini nel nome del Pd cerca di tenerseli stretti. Così come cerca di non perdere l’amico assai defilato, per la verità, Matteo Renzi. «Ok Stefano. Noi non ci presentiamo con il simbolo di Italia Viva e ti daremo una mano nella lista del presidente», avrebbe detto Matteo Renzi prima della grande sconfitta.
La cosa più strana, ieri, era vedere l’assenza di luoghi fisici di dibattito a Bologna. Certo: il lunedì non è il giorno migliore. Ma dopo la disfatta in Umbria le cinque sedi del Pd avevano le serrande abbassate. E il Movimento 5 Stelle una sede vera e propria, sul territorio, non l’ha mai avuta. C’era una volta uno sportello chiamato «Sos Equitalia» in via Zanardi. È stato chiuso anche quello. Ed ora, l’unico indirizzo cittadino dei grillini è la sede del consiglio regionale in via Aldo Moro.
Ecco perché la scelta del comitato elettorale di Lucia Borgonzoni, cioè la casa della Lega a Bologna, assume un significato importante. «Abbiamo visto tre o quattro posti, certamente sarà in periferia», fanno sapere. Ecco come si giocherà la partita. Come sempre. Fra la periferia e il centro.
«La vittoria in Umbria è una premessa straordinaria anche per l’Emilia Romagna», dice la senatrice Lucia Bergonzoni. «La Lega il 26 gennaio può vincere. L’Emilia Romagna può diventare la Baviera d’Italia». Insomma: la sfida è lanciata. Sono chiare le carte della Lega. Molto meno quelle del Pd, dei 5 Stelle e di Italia Viva. Tornano in mente le parole di casa Guccini: «Le cose posticce non funzionano mai».