A conti fatti l’investimento in Alitalia sta diventando una «polizza» contro il rischio revoca delle concessioni autostradali ad Autostrade per l’Italia. Nella lettera che Fabio Cerchiai, presidente di Atlantia e Giancarlo Guenzi, direttore generale della holding infrastrutturale controllata al 30% dalla famiglia Benetton, hanno scritto due giorni fa al ministro dello Sviluppo, Stefano Patuanelli, il concetto viene esplicitato per la prima volta: «Il permanere di una situazione di incertezza in merito ad Autostrade per l’Italia o ancor più l’avvio di un provvedimento di caducazione non ci consentirebbero di impegnarsi in un’operazione onerosa di complessa gestione ed elevato rischio».
Una correlazione che ha fatto inalberare lo stesso premier Giuseppe Conte che ha avocato a sé il dossier e definisce «la commistione inaccettabile». L’ipotesi della “caducazione” — a seguito della nuova inchiesta della procura di Genova che ha svelato report alterati sulla manutenzione di alcuni viadotti che Aspi ha in gestione — diventa praticabile senza un maxi-indennizzo ad Atlantia se la magistratura dovesse dimostrare il concetto di «colpa grave». Uno scenario che fino a qualche mese fa era considerato impraticabile, come aveva segnalato anche la squadra di esperti dell’ex ministro delle Infrastrutture Danilo Toninelli, che consigliava di «trovare un accordo col gestore» per l’alto rischio di indennizzo. Le nuove carte della procura di Genova — che hanno costretto la famiglia azionista Benetton a dare un segnale di discontinuità in Atlantia chiedendo un passo indietro a Giovanni Castellucci — hanno rinverdito la tesi dei Cinque Stelle nonostante nel programma del nuovo governo sia esplicitato chiaramente il termine «revisione».
Così diventano comprensibili le motivazioni di Atlantia. Se Conte dovesse incardinare la procedura di revoca investire 365 milioni in Alitalia «senza un piano industriale di lungo termine» diventerebbe un macigno per i conti della holding. Il 60% dei ricavi provengono da Autostrade che ha una concessione in essere con lo Stato fino al 2038 (nel 2042 se dovesse realizzare la Gronda di Genova).
Le (infinite) trattative sul piano di rilancio di Alitalia con Delta — che finora ha mostrato poco convincimento nell’operazione rilevando solo il 10% della newco — si spiegano anche così. Tattica negoziale per capire che intenzioni ha il governo. Qualcuno ipotizza che un punto di caduta possa diventare lo scorporo delle tratte liguri sotto la lente della Procura. Sacrificandole anche per gli alti costi di manutenzione. A quel punto Atlantia salverebbe gli altri 2.800 km di rete in gestione. E scommetterebbe su Alitalia, Delta permettendo.