Giuseppe Conte è arrabbiatissimo. «Molto irritato» con i renziani, dicono i suoi, per il tentativo di «mistificare la realtà» attribuendo al governo la volontà di aumentare l’Iva. «Senza spiegare il meccanismo è un’operazione altamente scorretta», dicono a Palazzo Chigi, spiegando che l’ipotesi sul tavolo, poi saltata, era l’aumento di un punto e mezzo dell’Iva sugli acquisti fatti in contante, a fronte di uno sgravio di tre punti su quelli con carte e bancomat. Fatto sta che per l’intransigenza di Renzi anche quei piccoli possibili rincari sono spariti dal tavolo, e il piano antievasione basato sul contrasto all’uso del contante è quasi crollato. Costringendo il governo a ricorrere al Piano B. Una stretta molto dura sulle compensazioni dei debiti Inps, due giri di vite sulle detrazioni fiscali, che dal 2021 dovranno essere «certificate», saranno commisurate al reddito e spariranno per i super ricchi, poi misure specifiche per contrastare l’evasione fiscale in alcuni settori, come la distribuzione dei carburanti, ed il lavoro in nero, per esempio di colf e badanti.
Con il «bonus/malus» sull’Iva è saltata anche una buona parte della manovra immaginata da Conte e dal ministro dell’Economia del Pd, Roberto Gualtieri. Costretti a rivedere i conti, perché oggi mancano almeno 5 miliardi, e un po’ tutto il piano antievasione. Senza il «malus» sugli acquisti in contante, che tamponava il minor gettito, anche il «bonus» Iva per quelli fatti con carte e bancomat dovrà essere molto più basso. Ma senza disincentivi, e con premi molto ridotti, tutta la manovra antievasione alla portoghese (Lisbona varò il bonus/malus nel 2013 con grande successo) perde mordente. I 7 miliardi che si volevano recuperare quasi svaniscono, e servono nuove coperture. Altrimenti sarà impossibile finanziare il taglio del cuneo fiscale che, dice il segretario Pd Nicola Zingaretti, porterà 500 euro in più nel 2020 e mille dal 2021 ai redditi più bassi, o le altre misure per la crescita (ferma secondo Fitch, che vede un piccolo +0,4% per l’anno prossimo).
Tra le alternative capaci di assicurare un buon gettito per tappare il buco, la prima è un nuovo regime, più severo, sulle compensazioni dei debiti Inps. Il suggerimento sarebbe arrivato all’esecutivo direttamente da Pasquale Tridico, presidente dell’istituto. Da qualche anno le compensazioni dei debiti previdenziali con i crediti vantati dai cittadini e dalle imprese nei confronti del Fisco sono esplose. Sono passate da 5-6 a oltre 12 miliardi di euro l’anno. Senza alcun motivo apparente. Il che fa sospettare l’esistenza di possibili frodi con l’utilizzo di crediti fiscali inesistenti. E così si prepara la stretta, come già fatto qualche anno fa con crediti e debiti fiscali, che ora si possono compensare solo se questi ultimi sono «bollinati» da un commercialista.
L’operazione deve essere messa a punto nei dettagli (pare ci siano problemi con il Garante della privacy per l’incrocio delle banche dati), ma secondo i tecnici sarebbe in grado di portare in cassa 2-3 miliardi di euro, forse più. L’altro fronte su cui si lavora è quello delle detrazioni, che saranno progressivamente ridotte in funzione del reddito. Le quota delle spese per sanità, istruzione dei figli, mutuo prima casa, ristrutturazioni edilizie che si possono portare in detrazione dalla dichiarazione dei redditi comincerebbe a scendere per chi ha almeno 100 mila euro di reddito lordo annuo, e scomparirebbero per i super ricchi (oltre 300 mila euro l’anno). Il principio degli sgravi correlati al reddito, oltre che sulle detrazioni, sarà applicato anche sui ticket sanitari per i farmaci e le prestazioni specialistiche, che il governo vuole cancellare per i redditi più bassi. Chi guadagna di più continuerà a pagare il ticket, forse anche maggiorato. Potrebbero restare le esenzioni per patologia, oppure essere stabilita una soglia di spesa superata la quale, anche per i ricchi, salterebbe la partecipazione alla spesa sanitaria.
Dal prossimo anno, inoltre, le spese portate in detrazione dai redditi saranno riconosciute solo se pagate con bancomat, carte di credito o bonifici bancari. Non sarà più possibile, ad esempio, defalcare dai redditi il 19% delle spese mediche effettuate per contanti. In compenso potrebbe essere ampliato il novero delle spese detraibili, sempre effettuate con moneta elettronica, inserendo tra queste anche i servizi di riparazione. Con la stretta sull’evasione entrano nel mirino anche colf e badanti. Si stima ci sia ancora molto lavoro sommerso, anche collegato alla fruizione dell’indennità di disoccupazione Inps. Allo studio ci sono diversi meccanismi, compreso quello di rendere i datori di lavoro dei sostituti d’imposta. Oltre ai contributi, dovrebbero versare anche l’Irpef per i loro dipendenti.