«Noi offriamo a 60 milioni di italiani la possibilità di scegliere una legge elettorale certa, efficiente, moderna: chi prende un voto in più, vince e governa». Matteo Salvini prova a rilanciare se stesso e la Lega con un’iniziativa sulla legge elettorale. Per scavalcare la maggioranza contraria in Parlamento, la Lega prova la carta del referendum popolare. Nessuna necessità di trovare 500 mila firme, come previste dall’articolo 75 della Costituzione, perché i leghisti possono usare l’altra leva, ovvero i Consigli regionali. Ne servivano cinque, e invece ce ne sono ben otto, a guida centrodestra. Oggi il vicepresidente del Senato Roberto Calderoli, con altri esponenti del partito, sarà alla Corte di Cassazione alle 11 per il deposito del quesito per il referendum sulla legge elettorale. In sostanza si tratta di abrogare la parte proporzionale dell’attuale legge, il Rosatellum, per farlo diventare completamente maggioritario. Una mossa strategica perché, com’è noto, fatta una legge elettorale, poi si finisce per andare a votare subito. Forte dei sondaggi, la Lega vuole tornare al più presto alle urne.
Ma il referendum avrebbe anche due altri effetti positivi. Il primo sarebbe quello di bruciare sul tempo i tentativi delle altre formazioni politiche di riformare la legge elettorale. Necessità che si pone soprattutto dopo il taglio dei parlamentari, che rischia di privare le Regioni e i territori di rappresentanza. La tentazione della maggioranza è quella di varare una legge su base proporzionale, che quindi annacquerebbe la forza della Lega e consentirebbe alleanze tra più formazioni. Anche se una parte del Pd preferirebbe un maggioritario a doppio turno. Il secondo effetto positivo, questo ai fini della propaganda, sarebbe quello di sbandierare il volere del «popolo».
Ai piani della Lega ci potrebbe però essere un impedimento definitivo: la Corte Costituzionale. L’iter è chiaro: entro il 30 ottobre la Cassazione farà pervenire le sue osservazioni sul quesito; entro il 20 novembre le Regioni hanno tempo per poter fare le loro eventuali controdeduzioni; entro il 15 dicembre si pronuncerà la Cassazione. Per questa fase non si prevedono sorprese. A quel punto, l’ufficio centrale della Corte di Cassazione manderà il tutto alla Corte Costituzionale. La prima seduta sarà entro il 20 gennaio, poi la Consulta ha tempo fino al 10 febbraio per deliberare. Molti i pareri di giuristi che ritengono che la Corte boccerà il quesito, perché non autoapplicativo. Entrerebbe in vigore una legge frutto della mannaia del referendum abrogativo, con la quale non si potrebbe votare subito, ma che avrebbe necessariamente bisogno dell’intervento del Parlamento. Ma la Lega tira dritto e Salvini spiega che la nuova legge «eviterebbe menate, inciuci, cambi di maglie, come per le Regionali: spero che almeno su questo, non rubino al popolo italiano il diritto di esprimersi e di votare».