Federico Faggin è rimasto lo stesso visionario che nel ’68 approdava nella baia di San Francisco, di lì a poco avrebbe cambiato il nostro mondo per sempre: nel ’68 introduce la tecnologia MOS Silicon Gate per la produzione di circuiti integrati che verrà adottata in tutto il mondo e nel ’71 con il primo microprocessore, l’Intel 4004, e poi negli anni ’80 con i primi Touchpad e Touchscreen. Oggi si è lanciato in una sfida ancora più complessa: dimostrare attraverso lo studio della coscienza che al contrario di quanto sostengono molti scienziati, «il computer non potrà mai essere autonomo». Venerdì al Teatro Miela è stato protagonista dell’incontro “Le intelligenze dell’uomo e del computer”.
«L’uomo – dichiara – sarà sempre superiore alle macchine perché la vera intelligenza richiede coscienza, e la coscienza è qualcosa che le nostre macchine digitali non hanno e non avranno mai. È da chi vuole usare l’intelligenza artificiale per ridurre altri uomini a consumatori di prodotti creati da loro che dobbiamo difenderci».
Com’era la Silicon Valley quando ci mise piede per la prima volta nel 1968?
Era ancora piena di frutteti, si producevano una grande varietà di albicocche, prugne, noci. Una valle molto rigogliosa, circondata da colline e montagne. In tutto chi lavorava nell’industria tecnologica e della microelettronica saranno stati circa 200 mila, incluse le famiglie e l’indotto.
E oggi?
Con l’indotto si arriva a circa 7 milioni di persone. Allora si produceva direttamente mentre oggi un impiegato dell’alta tecnologia dà lavoro a 5/10 persone nel resto del mondo, quindi ci sono almeno altri 10/15 milioni di persone che lavorano nel resto del mondo per fabbricare prodotti progettati interamente nella Silicon Valley.
Perché nonostante il successo del microprocessore è diventato imprenditore?
All’epoca l’Intel non era disposta ad investire così tanto nei microprocessori mentre io vedevo il futuro in quella tecnologia. Ho impiegato 9 mesi per convincere i miei capi a farmi sviluppare l’Intel 8080 il microprocessore a 8 bit di seconda generazione e con grandi prestazioni che ha dato il via all’industria, 6 mesi dopo usciva quello della Motorola che, visto il ritardo, non sfondò mai, ma ci arrivò vicino. Perché ha creato la sua Fondazione? Finanziamo ricerche dedicate allo studio della coscienza in diverse università statunitensi. Anche nel campo scientifico le idee controcorrente fanno difficoltà a reperire fondi.
Che cosa significa studiare la coscienza?
La coscienza è una proprietà fondamentale della realtà che esiste ancora prima del nostro Universo. Sfidiamo un dogma. In estrema sintesi io propongo che è la coscienza che ha prodotto la materia e non viceversa, cioè il cervello è prodotto dalla coscienza e non il contrario.
Che cosa non le piace di come viene raccontata oggi l’intelligenza artificiale?
Ci raccontano che in un prossimo futuro l’intelligenza artificiale potrà sorpassare le capacità umane o addirittura l’assurdità di scaricare la nostra esperienza in un computer e di poter vivere per sempre. Le macchine non ci supereranno mai perché la vera intelligenza richiede coscienza, e la coscienza è qualcosa che le nostre macchine digitali non hanno e non avranno mai. La capacità di sentire, e soprattutto di capire, è la proprietà essenziale della coscienza.
Che cosa ci rende diversi dalle macchine?
Il computer amplifica un aspetto banale delle nostre capacità mentali, per esempio la capacità e velocità di compiere operazioni di calcolo. Per un bambino è sufficiente vedere due o tre mele per imparare a riconoscerle, a un computer bisogna mostrare un milione di immagini diverse di mele prima che le possa riconoscere».
*Il Piccolo, 27 settembre 2019