L’assemblea annuale degli industriali vicentini costituisce tradizionalmente un test dei rapporti tra il governo in carica e il Nord e quest’anno la si attendeva con particolare enfasi perché, a giudizio di molti, il partito del Pil è sottorappresentato nella nuova compagine giallorossa vuoi per l’estrazione territoriale dei ministri vuoi per le culture politiche che sembrano prevalere nell’alleanza tra Pd, Cinque Stelle e LeU. Se queste erano le premesse il test vicentino di ieri non è andato male per il governo. Il verdetto degli imprenditori berici sul Conte 1 è stato totalmente negativo («voto 4» secondo il presidente Luciano Vescovi), per il Conte 2 il giudizio è rimasto sospeso ma l’idea di ridurre il cuneo fiscale, seppur tutto a vantaggio dei lavoratori, piace molto. Al contrario, allarma il pericolo di ricominciare con i governi che tassano-e-spendono. Davanti a 1.200 imprenditori di quella che è una delle più potenti associazioni territoriali di Confindustria il governo non era sceso in campo con i top player ma aveva schierato un esordiente: il grillino Stefano Patuanelli, ingegnere triestino, visibilmente emozionato e così motivato a creare empatia tra sé e la platea da ricorrere alla vecchia battuta secondo la quale «gli ingegneri non vivono, ma funzionano». L’intervento del ministro ha dato ragione a quanti sostengono che nel movimento grillino sia in corso un grande rimescolamento di culture politiche. Patuanelli, infatti, è arrivato ad abiurare a uno dei cardini dell’identità Cinque Stelle: la disintermediazione. Ne è scaturito un inatteso elogio dei corpi intermedi e un esplicito invito: «Avrò bisogno di voi, al ministero ci saranno porte aperte per Confindustria e sindacati».
Sempre a riprova di quanto detto la captatio benevolentiae del neo-ministro ha persino trovato il modo di rinnegare l’operato del precedessore Luigi Di Maio ammettendo che «in questi 14 mesi abbiamo sbagliato spesso». E anche in materia di Industria 4.0 Patuanelli ha anticipato una correzione di rotta del suo ministero annunciando che il programma va rimodulato ed esteso, in modo che non si limiti a incentivare investimenti una tantum. Per i Cinque Stelle di governo si prepara però la prova del nove: dopo il suo speech il ministro si è incontrato con Giulio Pedrollo, vice presidente di Confindustria nazionale per cominciare a discutere della madre di tutte le crisi, quella dell’automotive. Qui si vedrà di che pasta è fatto il ministro giuliano, se oltre a discettare con buona padronanza della materia di plastica monouso, blockchain e intelligenza artificiale saprà calarsi nelle contraddizioni di una transizione verso l’elettrico che promette al sistema manifatturiero italiano lacrime e sangue. Il futuro, che ricorre spessissimo nei discorsi neo-grillini in questo caso dovrà incontrarsi con il presente, altrimenti il meglio si porrebbe come avversario del bene.
Ma, test governativo a parte, è interessante sottolineare come, pur essendo Vicenza e l’intero Veneto terreno di conquista elettorale della Lega e di percentuali elettorali da urlo, nessuno ieri è sembrato aver nostalgia del salvinismo trionfante. Gli applausi per il governatore Luca Zaia sono stati sempre frequenti e genuini ma fanno parte del tradizionale rispecchiamento antropologico degli industriali nella Lega di territorio, quella che si batte strenuamente per l’autonomia regionale ma non ha in cima ai suoi pensieri i porti chiusi, l’uscita dall’euro e l’omaggio a Putin. Del resto il giudizio del presidente Vescovi sul governo uscente è stato impietoso: ha elencato navigator, reddito di cittadinanza e Quota 100 come altrettanti peccati mortali attribuiti in parti uguali a gialli e verdi. E proprio grazie a questa premessa il leader degli industriali ha anticipato al suo interlocutore che non sono previsti sconti per il nuovo governo. Per gli imprenditori vicentini l’Alitalia invece che rifinanziata andrebbe chiusa e preoccupa la tendenza di alcuni ministri di promettere nuova spesa a pioggia. Chi, infine, volesse poi capir meglio l’umore del Nord potrebbe tentare uno slalom tra i giudizi più sferzanti dello stesso Vescovi. Che ha ammesso di aver trovato il discorso di insediamento di Giuseppe Conte «inutilmente prolisso», di riporre grande fiducia in Paolo Gentiloni versione Bruxelles, di concedere scarsa attenzione a Matteo Renzi («Italia viva? Non so che roba sia») e invece di trovare molto sensata la proposta del collega di Assolombarda, Carlo Bonomi, di pagare di più i giovani al primo impiego. Il Nord, dunque, si misura con Roma ma sa che molte soluzioni le dovrà elaborare in casa.