E ora volano parole poco commendevoli nei gruppi parlamentari del Partito democratico nei quali lo scissionista Matteo Renzi ha lasciato consistenti truppe che a lui sempre sono state fedeli. Al Senato, che riunisce il gruppo Pd oggi alle 12, oltre al presidente renziano Andrea Marcucci, rimangono nella casa madre altri fan dell’ex sindaco di Firenze che ieri ha dato corso alla separazione dal Nazareno per dare vita a «Italia viva». Primo atto del nuovo partito: «Il nemico da battere è Salvini che sfido in tv…». E l’ex ministro ha già accettato.
Nel Pd però restano Dario Parrini a Salvatore Margiotta, fino al tesoriere Stefano Collina. Tutti «ex fedelissimi» che ora sostengono di essere in dissenso con il loro leader di riferimento. Poi ci sono gli indecisi: «Andrò anch’io», ha confidato Giuseppe Cucca mentre l’«insospettabile renziana» Laura Garavini, eletta all’estero e già collocatasi con gli scissionisti, ieri è stata inchiodata su un divanetto del Senato dal tesoriere del Pd, Luigi Zanda, che ha voluto ascoltare le ragioni del suo passo inaspettato. Al Senato è piombata pure la ministra Teresa Bellanova che si è intrattenuta tra i capannelli dei colleghi ormai fuori dal Pd come lei: «Non è una scissione ma una sincera presa d’atto di una difficoltà di coesistenza».
Intervistato a Porta a Porta Renzi annuncia: «A Italia Viva aderiranno 25 deputati e 15 senatori». Per ora su 51 senatori dem, 10 hanno seguito Renzi (tra gli ultimi, Raffaella Paita) ma presto potrebbero aggiungersi a Cucca anche Eugenio Comincini, Nadia Ginetti e Leonardo Grimani. Alla Camera gli scissionisti guidati da Maria Elena Boschi sono una ventina su 111 mentre rimangono nel Pd Luca Lotti, Lorenzo Guerini e anche la fedelissima Anna Ascani. Per il Pd, la scissione vale un milione di euro all’anno in meno alla Camera e 600 mila al Senato. E c’è il rischio licenziamenti per molti dipendenti in attesa che i renziani formino un nuovo gruppo alla Camera e vadano nel Misto al Senato.
Matteo Renzi ha respinto l’accusa di aver dislocato le sue truppe per avvelenare i pozzi del Pd: «I parlamentari li ho lasciati tutti a Zingaretti. Basta con questa storia che se faccio una cosa io c’è sempre un retropensiero…». Ha parlato di «sacrifico personale», confermato il suo appoggio al governo («Conte non mi sembra in ansia»): «La legislatura dura fino al 2023 perché deve eleggere il nuovo presidente della Repubblica». E aggiunto: «Ho fatto un’operazione machiavellica, di palazzo, ma per me Machiavelli è un grande». Con Renzi si schiera anche l’ex deputato Matteo Colaninno. Il Quirinale ritiene di non dover interferire nelle dinamiche parlamentari e confida che l’appoggio al governo resti invariato. Nel Pd, invece, c’è preoccupazione: «Potrebbe essere un problema, sono usciti senza motivo», ha detto Dario Franceschini. E Paolo Gentiloni: «In tempi così difficili. il Pd teniamocelo stretto». Giuliano Pisapia a Renzi: «Da scout a scout non condivido, ma buon cammino».