Dopo aver superato gli ostacoli per arrivare a formare un governo giallo-rosso, è partita anche la corsa all’alleanza Pd-M5S per le prossime Regionali.
Il Pd è uscito allo scoperto, prima con il ministro della Cultura Dario Franceschini e poi con il segretario Nicola Zingaretti. Il M5S invece mostra la consueta ritrosia, facendo trapelare, per bocca di generiche «fonti», che il tema non è sul tavolo. Eppure qualcosa si muove o, più probabilmente, si è già mosso.
Per quanto riguarda l’Umbria, il senatore grillino Stefano Lucidi sottolinea che «l’avversario da battere» è la candidata di centrodestra Donatella Tesei, non altri. E ricorda che sì, le decisioni su eventuali alleanze spettano al capo politico Luigi Di Maio, però le nuove regole dei 5S «lasciano spiragli e margini di manovra» all’ipotesi. Per esempio, come dice il commissario straordinario del Pd umbro Walter Verini, si potrebbe pensare a un’intesa con profilo civico: «Se c’è la volontà, si può fare».
Di possibili assi attraverso liste civiche parla anche la capogruppo 5S in Consiglio regionale ligure, Alice Salvatore: «Oggi possiamo fare degli esperimenti di alleanze con la società civile». Il che escluderebbe i partiti: ma, insomma, «vincere» è la priorità.
Stessa situazione in Emilia Romagna, che in questi anni ha già visto Pd e M5S votare insieme su diversi provvedimenti. Adesso il sindaco di Bologna, il dem Virginio Merola, si augura per le Regionali «un accordo nazionale».
Ma il tema trova degli oppositori in casa pd: per il deputato Matteo Orfini, «sarebbe un grave errore», e per l’europarlamentare Carlo Calenda «prima forse vale la pena di aspettare di vedere se l’unione di governo funziona». Da parte 5S, invece, Luigi Gallo (presidente della commissione Cultura della Camera) rammenta ai suoi che «un Paese monocolore e di destra a livello regionale è preoccupante. Serve un’alternativa alla destra peggiore». Mentre Alessandro Di Battista, su Retequattro, è «scettico» e attacca il Pd che «credo abbia posto veti su di me»: «Resta il garante dei poteri forti» e Matteo Renzi ha favorito l’intesa nazionale «per sopravvivenza».